RIDING GIANTS
 
  (l’atto estremo, la sfida ai propri limiti), ed il secondo quello poetico, eroico e mortale (il surf come libertà e armonia, perfetta sublimazione del tema caro a Kitano che è quello della morte, simboleggiata dal mare). Proprio nel tentativo di far conoscere al grande pubblico la storia di questo sport con i suoi leggendari protagonisti, che il cinema ci regala un'altra pellicola sull’argomento, firmata da Stacey Peralta (anche lui al pari di Milius surfista e appassionato di surf), con “Riding Giants”, un documentario che il regista californiano ha continuato a sognare di girare ancor prima di ottenere la celebrità grazie al suo ottimo lavoro d’esordio “Dogtown and Z-Boys” (con il quale ci ha raccontato la nascita dello skate moderno, figlio del suo più nobile antenato, il surf). Attraverso inquadrature e se-  
 
  sequenze di una bellezza straripante, Peralta ci accompagna alla scoperta di questo immaginifico sport, dalla sua nascita, avvenuta migliaia di anni fa nella Polinesia antica, alla realtà di oggi. Veniamo a sapere che i primi documenti scritti sul surf risalgono al 1778, dalle memorie dell’esploratore inglese James Cook, che approdando alle Hawaii vide degli indigeni scivolare con lunghe tavole di legno sulle onde. Ma soltanto al termine della seco-
 
  nda guerra mondiale il surf cominciò ad affermarsi in America, come sport e disciplina tra le più amate e praticate dai giovani. Le coste delle Hawaii, considerata la vera patria del surf, furono presto invase da giovani alla ricerca delle onde sempre più grandi da domare. Tra le Hawaii e il golfo dell’Alaska non esiste alcuna porzione di terra considerevole, cosicché le onde oceaniche viaggiano senza interruzione fino ad incontrare i fondali (che le plasmano) delle coste hawaiane. Nascono così le onde più temute, e leggendarie, quelle capaci di abbattere interi edifici, spaccare timpani, spezzare gli arti o tenere anche i migliori nuotatori sott’acqua per minuti e minuti. Solo in pochi luoghi le onde sono letali e questi posti hanno nomi evocativi come Jaws (le cui onde sono così grandi da essere in grado di produrre vento e così rapide da creare una depressione al loro interno), Pipeline, Killers, Maverick (le  
  onde più spaventose della california, infestate di squali bianchi e rocce aguzze), Phantoms, Alligators, ognuna di queste onde verranno cavalcate nel corso degli anni, dagli uomini più coraggiosi e temerari, conquistati dal bisogno di riuscire per la prima volta a vincerle e a conquistarle, quasi fossero delle vette da scalare, per toccare il cielo, ed affermare la propria indiscussa superiorità. Peralta ci racconta con dovizia di particolari le storie di tutti quegli uomini che hanno vissuto e vivono di adrenalina, di emozioni, della necessità impellente di varcare i limiti dell’ignoto e dell’inesplorato, uomini come Gregg Noll (capace per la prima volta nel 1957 di domare le onde di Waimea Bay), Gerry Lopez (tra i primi a solcare le acque di Pipeline per attraversare i celeberrimi tunnel che vi si creano), Jeff Clark (il primo uomo che nel 1975 riuscì a sfidare Maverick, forse le onde più pericolose e letali) e Laird Hamilton, il surfista estremo più celebre oggi, produttore di questa pellicola ed  
 
ideatore del surf a rimorchio. Si seguono le gesta, le conquiste, i traguardi di tutti questi “scalatori” del mare, anno dopo anno, onda dopo onda, finché si arriva al 1997, anno che per i surfisti rappresenta forse, il momento di gloria, visto che proprio nell’inverno di quell’anno, si scatenò “el niño”, una turbolenza...(segue)
 
 
 
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