Il mare è un’inesauribile
fonte di ispirazione.
Da sempre, scrittori,
poeti e sceneggiatori
vi attingono per creare
storie, avventure,
versi, film. Alle
volte è il
protagonista, in altre
ne diviene la scena,
lo sfondo, ma i personaggi
che vi si muovono
sono gente di mare
o legati al mare.
Il surf sotto questo
aspetto è emblematico,
da sempre i surfisti
sono legati romanticamente
da un amore profondo
e viscerale nei confronti
del mare, divorati,
quasi, dalla tormentata
ricerca dell’onda
perfetta, da quella
forma sublime e imponente,
simbolo di energia
e potenza, che attraversa
gli oceani e i mari
per esaurirsi sulle
coste del nostro pianeta.
Per alcuni il surf
rappresenta qualcosa
più di un semplice
sport, forse una religione,
quasi certamente uno
stile ed una ragione
di vita, un’arte
del corpo e dello
spirito, capace di
celebrare il matrimonio
perfet-
to
tra l’uomo e
la natura, fra l’uomo
ed il suo ambiente.
Il cinema a partire
dai primi anni ’60,
ritenendolo interessante
sotto l’aspetto
artistico ed economico,
cominciò timidamente
a costruirvi storie
e storielle, prive
di un qualsiasi spessore
morale, il più
delle volte associandolo
a love story che sbocciavano
fra il waterman di
turno ed una ragazza
in bikini che strepitava
e spasimava in spiaggia
per le sue evoluzioni
con la tavola. Tutto
questo finché
un giorno un surfista
e regista di nome
John Milius realizzò
il suo capolavoro,
“Un mercoledì
da leoni” (1978),
l’epica e struggente
storia di tre ragazzi
americani Jack, Leroy
e Matt accomunati
dalla grande passione
per il surf, e scandita
dal passaggio delle
quattro mareggiate
del secolo, ciascuna
delle quali assurge
a passaggio di transizione
verso le diverse stagioni
della vita. Per la
prima volta il surf
diventa il simbolo
di un certo modo di
guardare all’esistenza,
quasi uno strumento
per riconciliarsi
con l’intima
essenza delle
cose, nella
speranza di
trovare se stessi.
Il film gode
immediatamente
di un successo
internazionale,
diventando un
vero e proprio
cult movie,
capace di diffondere
la cultura del
surf in tutto
il mondo. Improvvisamente
milioni e milioni
di ragazzi emulando
le gesta dei
tre protagonisti
acquisteranno
tavole e cominceranno
a popolare gli
spot meno affollati,
nella recondita
speranza di
tro-
vare anche loro l’onda perfetta da cavalcare. Recentemente
soltanto “Point
break” di
Kathryn Bigelow
e “Il silenzio
sul mare”
di Kitano sono riusciti
nell’impresa
di cogliere gli
aspetti più
romantici e più
veri del surf, il
primo quello squisitamente
adrenalinico ed
insieme filosofico...
(continua)