soprattutto nella prima parte del film, che serve a creare il contesto in cui avverrà il misfatto, vi sono una serie di piccoli e insignificanti particolari che servono a disegnare una vaga prefigurazione di ciò che avverrà. Il ripostiglio nascosto da un grande armadio, l’abitazione dei Cassavet senza quadri ma con tanto di chiodi e sa-

 
 
  gome sul muro, le orecchie forate di Roman, il ciondolo con la radice di thannis e così via. Ma Rosemary’s Baby segna anche una forte frattura rispetto a quello che è stato il thriller del Maestro: la suspense innescata non giunge mai ad un punto conclusivo, non culmina in un liberatorio sospiro di sollievo ma viene costantemente frustrata dal dubbio che tutto ciò non sia altro che un incubo ad occhi aperti. Se in Hitchcock c’è sempre una redenzione finale
 
 
(anche se non si finisce con il “e vissero felici e contenti” come ad esempio succede in Vertigo, in ogni caso c’è la scoperta della verità), l’archiviazione di una vicenda vissuta intensamente, in questo film la suspense è fine a se stessa: il dubbio rimane. Possiamo quindi notare come nel film vi sia un primo movimento, che dura fino al parto, in cui ci sembra ormai assodato che Rosemary è vittima di un pugno di esaltati; eppure, quando lei poi si risveglia dopo il parto e le viene comunicato che il bambino è morto, nello spettatore rimane ancora il sospetto che il film sia solo il racconto di una gravidanza vissuta male. Dopo due ore di film ci si chiede ancora “è un film horror o no?”. Ecco la forza di Rosemary’s Baby. Nessuno stupore se poi gli ultimi 10 minuti da brivido vengono ancora vissuti dallo spettatore con un certo scetticismo a tal punto che la vittoria del Male può essere interpretata come un brutto sogno. Rosemary’s Baby può, in questo senso, esser definito, come ha detto qualcuno, un incubo cinematografico, in cui si perde completamente il confine tra sogno e realtà. C’è nel film una completa soppressione della differenza a tal punto che le due dimensioni si mescolano e diviene impossibile scinderle. Si è molto parlato a proposito del legame tra questo film e l’Esorcista, in quanto sarebbero entrambi film sul satanismo. Ma l’Esorcista è un film che annuncia l’esistenza del Male e la capacità di sconfiggerlo che possiedono i missionari di Dio; in Rosemary’s Baby impossibile dire cosa esiste e cosa no, cosa è bene e cosa è male, cos’è realtà e cosa è finzione. Proprio per tale caratteristica, ci sembra evidente, invece, la vicinanza dell’ultimo film di Kubrick, Eyes Wide Shut, al film di Polanski: in entrambi l’incertezza regna sui fotogrammi senza possibilità di redenzione. Lo spettatore, assieme a Rosemary, si perde in un universo onirico fatto di angoscia e speranza che il regista sa ben costruire senza mai protendere per l’una o per l’altra. Indescrivibili, proprio perché dotate di una forza straordinaria, sono i fotogrammi che ci raccontano il sogno in cui viene consumato l’atto di possessione del diavolo ai danni della protagonista. La setta satanica, composta di vecchietti innocui e buffi all’apparenza, si trasformeranno da quel episodio in poi in una spada di Damocle che oscillerà pericolosamente sulla sorte del futuro nascituro. La cecità improvvisa del rivale di Guy, Donald Bombgard, la morte dell’amico ficcanaso di Rosemary, Hutch, sono piccole coincidenze che diventano i pilastri per la ricostruzione, da parte della protagonista, del crimine che sta per compiersi. I gentili e invadenti vecchietti della porta accanto sono in realtà a capo di una pericolosissima setta satanica che coinvolge tutte le persone che gravitano intorno a Rosemary, compreso il marito Guy.....(continua)
 
 
 

 
     

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