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VIVA LA LIBERTA' - RECENSIONE
Viva la libertà recensione
Recensione

viva la libertà recensione
[Viva la libertà recensione] - Non è facile, di questi tempi, parlare di politica. E non è altrettanto facile immaginare una via di fuga dalla condizione di degrado morale e culturale in cui versa attualmente il nostro Paese. Ci ha provato coraggiosamente Roberto Andò con Viva la libertà, trasposizione cinematografica del suo stesso romanzo Il Trono Vuoto, edito lo scorso anno da Bompiani e vincitore del Premio Campiello Opera Prima 2012. Un film onesto, coraggioso, ben fatto, che nonostante la sua estrema attualità affonda le sue radici in una storia politica lunga un ventennio, ai tempi in cui la res publica, così come il cinema, vedevano in scena personaggi dalla grande statura morale ed intellettuale. Non a caso, infatti, Andò cita Federico Fellini, quale grande difensore della vera cultura, genio creativo capace di combattere la mediocrità, ed Enrico Berlinguer, storico capo della sinistra, di quella sinistra che non temeva di correre da sola, che a gran voce si opponeva e si faceva portavoce di una realtà sociale altrimenti esclusa. Cinema e politica corrono quindi su due binari paralleli che più volte però s'incrociano, portando lo spettatore a riflettere su quanto entrambi siano in grado di manipolare il reale: così come la finzione è condizione ontologica del cinema, lo stesso fa la politica, fornendo verità che la maggior parte delle volte si rivelano distorte e manipolate. La storia è quella di Enrico Oliveri, capo del principale partito d'opposizione del governo, in crisi perché i recenti sondaggi elettorali lo vedono clamorosamente perdente. Scoraggiato, Enrico lascia una lettera alla moglie Anna e al suo portaborse Andrea Bottini, decidendo di trasferirsi a Parigi in segreto per alcuni giorni. Per ovviare alla sua inaspettata scomparsa, Anna e Andrea decidono di sostituirlo con il fratello gemello Giovanni Ernani, brillante filosofo affetto però dalla depressione bipolare. Grazie alla perfetta somiglianza tra i due, lo scambio riesce, con conseguenze inaspettate per il partito, l'opinione pubblica e gli stessi protagonisti. Così simili ma al contempo profondamente differenti, i gemelli sono interpretati da un superbo Toni Servillo (Bella addormentata, Gomorra, Il divo) la cui presenza è stata fortemente voluta da Andò: «non avrei mai fatto questo film se Toni Servillo non avesse aderito al progetto», ha affermato il regista. A lui è toccato l'arduo compito di dar vita a due personaggi dalle fattezze identiche ma dalla psicologia profondamente differente: da una parte Oliveri, un uomo stanco, logorato da una politica fatta di servilismo e subdole alleanze, dall'altra Ernani, filosofo bipolare in cui trionfa la bellezza della semplicità, della coerenza e dell'incorruttibilità, della libertà e onestà intellettuale. Viva la libertà descrive un'utopia paradossalmente possibile, è un film che regala attraverso una spensierata ironia una piccola speranza, dimostrando che solo il folle può salvare l'umanità dal degrado e dalla paura. Ed è proprio la follia, quella del genio creativo, la scintilla che da sola può risvegliare animi sopiti e liberare coscienze, permettendo all'uomo di fare a meno dei condizionamenti e dei servilismi che lo rendono schiavo di un sistema malato. E a chi affermava che "con la cultura non si mangia", Andò sembra voler rispondere che proprio perché essa è stata volutamente messa da parte, l'Italia è giunta ad uno spaventoso livello di degrado. Dal quale però, nonostante tutto, è possibile risalire. (La recensione del film "Viva la libertà" è di David De Benedetti)
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