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VITA DI PI - RECENSIONE
Vita di Pi recensione
Recensione

Vita di Pi recensione
[Vita di Pi recensione] - Che Ang Lee fosse un regista ambizioso si sapeva. Quello che (forse) anche i critici più entusiasti non si aspettavano, era che firmasse una resa cinematografica pregna e spettacolare di un romanzo metafisico, un'eterea discussione attorno al mistero della vita. Dal romanzo-rivelazione (e Booker Prize 2002) di Yann Martel, la "vita di Pi" guadagna il 3d con il benestare di un maestro della narrativa cinematografica, un aedo immaginifico e prolisso con una dichiarata propensione al kolossal, che, nonostante il gergo sontuoso e a tratti retorico della mega-produzione hollywoodiana, riesce a non snaturare il messaggio del testo originario: un'estatica apologia del creato e una delicata interrogazione attorno all'uomo che lo popola. Il giovane Pi Patel, che dribbla da una vita gli sfottò sul suo improbabile nome di battesimo (Piscine Molitor), vive nel bailamme colorato dello zoo paterno, finchè la famiglia, epitome di tutti i poveri cocciuti e visionari dell'India da manuale, decide di imbarcarsi per il Canada. Unico superstite di un naufragio, Pi si ritrova a fronteggiare le fauci di una natura imprevedibile e maestosa con l'unica compagnia di Richard Parker, una tigre bengalese. E a bordo di una zattera, in balia dello spettacolo ora magico ora tragico di un mondo che si accanisce in una continua dimostrazione fisica dei suoi miracoli, Pi impara a conoscere e a maneggiare la sostanza di cui sono fatti i suoi sogni. Prova d'autore, blokbuster, mélo (b)hollywoodiano, fantasy in erba, romanzo spirituale: Vita di Pi è una pellicola stupendamente ibrida, una tessitura ricca e conturbante, che abbraccia e insieme sconvolge tutte le etichette stantie del lessico cinematografico. Pur cedendo a tratti alle soluzioni facili del gigante in 3d, l'opera di Ang Lee non smette mail il morso della riflessione, alimenta con costanza un flusso di sottotrame che spaziano dal racconto di formazione al documentario naturalistico alla commedia filoanimalista, passando per una matura e insieme onirica disamina delle capacità fisiche e mentali dell'essere umano. Lee è esemplare nella gestione duttile della macchina da presa, pretenzioso quanto basta nel dare vita a una lussureggiante commedia della vita, un circo di immagini grandiose e di personaggi da favola, un intero pentagramma di suggestioni e di miti rivisitati. Dopo dieci anni di preparazione e svariati avvicendamenti in cabina di regia, Vita di Pi approda a quella che sembra la sua realizzazione migliore: un film che non solo non tradisce la sua matrice letteraria, ma ne amplia le possibilità, ne completa la vocazione filosofica con un fedele sbocco nella materia, ne rivela tutto il potenziale visivo. Applausi a gogò. (La recensione del film "Vita di Pi" è di Elisa Lorenzini)
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