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Un giorno devi andare recensione] - Nel ventre materno nasce la vita. Certezza di perpetuarsi nel tempo. E quando questa certezza non c'è, quando il ventre diventa sterile, il dolore è forte, è infinito. Il nuovo film di Giorgio Diritti ("Il vento fa il suo giro", "L'uomo che verrà") inizia col display di un ecografo che mostra un feto nell'utero materno. "Un giorno devi andare" è un film dedicato alla figura femminile, generatrice della vita e custode della prole e della vita domestica. La giovane Augusta (Jasmine Trinca) è la figlia di Anna (Anne Alvaro) a sua volta figlia di Antonia (Sonia Gessner). Augusta vive un grande dolore e decide di separarsi da sua madre e sua nonna, dalla sua città per affrontare un viaggio in Amazzonia, insieme a suor Franca (Pia Engleberth), amica di sua madre. Il viaggio sarà la ricerca del senso della vita che Augusta non percepisce più, la ricerca dello spirito dell'esistenza, quella prepotenza vitale che travalica ogni forma di effimera apparenza. Così, la giovane Augusta percorre su una barca, in compagnia della religiosa, l'immensità della foresta amazzonica, visita i villaggi degli indios e comprende che queste popolazioni sono soggette senza sosta ad un'evangelizzazione che quasi prevarica la stessa cultura del luogo. Il confronto avviene impetuoso nel silenzio che abbraccia di sera il fiume, nel vento che sconvolge una natura così immensa e forte, nella foresta che accoglie e nella possente pioggia che batte forte sui corpi e sulle cose e rende inerme l'uomo stesso. Augusta guarda, osserva, conosce una dimensione di realtà lontana dalla sua cultura occidentale. Nel confronto comprende l'importanza della coesione comunitaria, la povertà e la miseria delle favelas di Manaus, un senso dell'esistenza lontano dal suo modo di pensare, ma vitale e possente. Lo straniamento da ogni forma di umanità ed il rifugio tra le braccia di una natura quasi materna, rassicurante, riporteranno Augusta sul sentiero smarrito, le restituiranno i sentimenti, le emozioni per un ritorno alla vita. Di grande impatto scenico, "Un giorno devi andare", comunica la forza dello spirito vitale attraverso la straordinaria natura dell'Amazzonia che Diritti inquadra con campi lunghi della mdp, immense distese fluviali e fittissime foreste. Il verbo del film è una natura infinita, spavalda, rigogliosa, che si coniuga con la realtà sociale locale, immersa nel degrado, nella miseria, con un proprio relativismo culturale e morale. I dialoghi sono minimali, sono i volti che parlano, gli sguardi, gli occhi dei bambini, le baracche fatiscenti che pare quasi emanino un puzzo insostenibile. In parallelo il racconto ci porta in occidente, dove Anna la madre di Augusta aspetta sempre con ansia notizie dalla figlia. Un giorno, in casa di Anna arriva da Manaus, Janina, giovane donna anch'essa affranta da un dolore infinito. Augusta non sente più il conforto della fede e cerca questa forza perduta. La scena di Janina che prega sommessamente al capezzale di una donna malata, preghiera intensa e possente come Janina sa porgere, comunica il senso immenso di una spiritualità che aiuta il corpo a rigenerarsi e credere nuovamente in un futuro. Il film è senz'altro ambizioso. Riesce, nonostante una sceneggiatura a tratti sconnessa, a mediare un messaggio sublime: la vita dimora dentro di noi e quando non percepiamo più il suo afflato, il confronto con il mondo ci restituirà noi stessi e il senso della fede, nel bene e nel male, dobbiamo solo cercare.
(La recensione del film "
Un giorno devi andare" è di
Rosalinda Gaudiano)
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