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The Last Stand recensione] - Chi non muore si rivede. Anche chi non fa più il governatore della California. Schwarzy is back e seppur invecchiato è in ottima forma, sulla buona strada per diventare una specie di Clint Eastwood, allo stesso modo reazionario tutto d'un pezzo, che non si vergogna delle rughe ma che anzi esibisce consapevole dell'esperienza e la maturità fin qui acquisite. Finito il suo mandato elettorale si è messo di lena buona per ritornare sul grande schermo, prima partecipando ai due Expendables dell'amico Stallone poi realizzando questo The last stand che lo rivede a 10 anni esatti da Terminator 3 protagonista indiscusso di una pellicola tutta sua. A differenza di Sly, Schwarzy possiede il senso del ridicolo (Expendables 2 l'ha fatto per amicizia ma si vedeva lontano un kilometro che si vergognava come un ladro) per cui nessun muscolo anabolizzato in bella evidenza, nessuna vena pompata a 200 di massima, nessuna capriola per illudersi che 65 anni non siano passati. Al contrario sa ritagliarsi un ruolo consono alla sua età ma che al contempo non rinnega nulla di quanto i fan si aspettano da lui. E infatti The last stand è un action senza tanti peli sulla lingua firmato dallo specialista coreano Kim Jee-woon che si avvale di una sceneggiatura bizzarra irrorata da dosi massicce d'ironia, di una regia brillante che sa come seminare e raccogliere inventandosi un inedito e palpitante inseguimento tra due macchine in mezzo ad un campo di grano, e di una gustosa ambientazione che vede contrapporsi i bui e le luci artificiali high tech di Las Vegas con i campi assolati e monotoni delle sperdute campagne texane. Completa l'operazione un cast di facce giuste e note che conta, oltre al nostro, anche Forest Whitaker, Peter Stormare, Eduardo Noriega, Luis Guzman e Johnny Knoxville che fa l'idiota, ruolo per il quale si è preso una specializzazione ad hoc. La trama, immune all'assurdo, non fa testo: è roba da sussidiario di scuola di cinema che può però vantare una naïveté artigiana che rende il film affine a certi esiti di Carpenter ultima maniera. Del resto come diceva Churchill tutte le grandi cose possono essere espresse con parole semplici. Così da un lato abbiamo un super criminale a bordo di una super auto rubata, diretto a folle velocità verso il confine messicano con tutta la FBI alle calcagna incapace di fermarlo. Dall'altro abbiamo il nostro eroe, stanco ed ignaro uomo di legge di un sonnecchioso avamposto di frontiera che guarda caso si trova ad essere proprio l'ultimo baluardo tra il villain e la libertà. Il countdown è da manuale, lo scontro pure. Circondato da un manipolo di improbabili aiutanti chiamati a fare squadra per respingere l'urto in rapido avvicinamento, alla resa dei conti all'ok corral la raffazzonata sporca dozzina si farà trovare pronta e il vecchio sceriffo saprà ancora una volta vendere cara la pelle.
(La recensione del film "
The Last Stand" è di
Mirko Nottoli)
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