recensione di E. Lorenzini
[
Ritorno al futuro recensione] - Di film-icona ce ne sono pochi. Nel carnaio affollato e pretenzioso della Hollywood contemporanea, poi, trovare una pellicola che resista al confronto con altri cult, reali o supposti, è davvero difficile: serve una dose di ingenuità che filtri gli eccessi e levighi le imperfezioni, rendendo tutto amabile, anche i difetti. Ritorno al futuro è, senza dubbio, uno di questi film. Perché racconta i miti di un'epoca (l'America a cavallo tra il dopoguerra e gli esplosivi, avveniristici anni '80) con la freschezza di un cinema non ancora "arrivato": ludico, adolescenziale, divertente. Un cinema inventato ex novo, sull'onda di ricordi e suggestioni giovanili, senza alcuna, ingombrante, matrice letteraria. Un cinema intessuto di leggende metropolitane, in cui gli ambienti sono grezzi, i personaggi parlano uno slang fumettistico e lo spirito d'avventura la fa da padrone. Il tema del viaggio nel tempo è uno dei più masticati al cinema. Dal Pianeta delle scimmie alla saga di Austin Powers, fino ai più recenti The Time Machine e Butterfly Effect, Hollywood ha prodotto una generosa tavolata di film sull'argomento. Ma la trilogia inventata da Robert Zemeckis e Bob Gale, coerentemente prodotta dal re della fiction made in USA, Steven Spielberg, non si limita a raccontare un viaggio fantascientifico: sfrutta l'elemento tempo per colorare un'allegra commedia degli equivoci. Ed è proprio l'utilizzo non solo pirotecnico del suo ingrediente più succoso a rendere Ritorno al futuro un unicum cinematografico: a dominare, per tutta la durata del film, sono l'ironia irriverente e la curiosità di due ragazzacci cresciuti negli anni ridenti e ipocriti del perbenismo americano, quel ventennio compreso tra il dopoguerra e il '68 che ha prodotto i culti fallaci della famiglia perfetta, del benessere borghese, del carrierismo. L'andirivieni tra il grigio 1985 in cui vive il diciassettenne Marty McFly e il bonario 1955 che lo illumina sulla vita adolescenziale dei suoi genitori è sì il fil rouge e il motore dell'intera vicenda. Ma la sceneggiatura è così scanzonata e valorizza a tal punto i risvolti comici, che il viaggio nel tempo finisce per alimentare il tourbillon di gag e colpi di scena e diventa uno dei tanti tasselli del film, quasi una conseguenza e non la causa della carambola giocosa e coinvolgente messa in piedi dai personaggi. All'astuzia dello script, si aggiungono le performance memorabili degli attori. Michael J.Fox incarna alla perfezione il mix di umorismo e idiosincrasie del suo alter ego e con il ruolo di Marty (primo e più importante della sua breve carriera) conquista senza riserve l'affetto e la simpatia dei fan. Con Christopher Lloyd, mitico prestavoce del visionario "Doc" Emmet L.Brown, l'ex Alex di Casa Keaton forma una delle premiate ditte più azzeccate di sempre: un'accoppiata simbiotica, concorde nella mimica e nelle battute, smorfiosa e spassosa come poche altre, ante e post. Per i molti appassionati, Ritorno al futuro è il primo capitolo della trilogia: la pellicola che nasce dall'elaborazione dei sogni infantili di Gale e Zemeckis, che conia il mito "cronomobilistico" della DeLorean, che reinventa il cordone culturale tra due sponde temporali di un'America sempre densa di contraddizioni. I due film successivi completano un quadro già finito: li si assaggia per gola, non per fame. Ma il primo viaggio nel tempo è come tante altre prime volte: non si dimentica.
(La recensione del film "
Ritorno al futuro" è di
Elisa Lorenzini)
- Vai all'
archivio delle recensioni
- Lascia un commento, la critica o la tua recensione del film "
Ritorno al futuro":