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VENTI ANNI - RECENSIONE
Venti anni recensione
Recensione

venti anni recensione
[venti anni recensione] - I sogni, anche quelli sconfitti, meritano di essere raccontati. Non si può supporre un cinema che si limiti a descriverli senza almeno provare a interpretarli. Eppure, peccando di accademismo, Giovanna Gagliardo commette proprio questo errore: sterilizza una trama intessuta di belle speranze. La Storia e i suoi spartiacque sono i bersagli di questo "Venti anni", tiepido focus sulle (dis)illusioni contemporanee: la caduta del muro di Berlino da una parte e il recente crollo delle banche occidentali dall'altra. 9 novembre 1989, 16 settembre 2008: due nodi rimasti incagliati nel pettine, due momenti drammatici in cui il mondo ha tracciato un punto ed è andato a capo. La fine del comunismo sovietico e il requiem del capitalismo selvaggio targato USA. Due strapoteri implosi nei loro eccessi, due matrici ideologiche sfibrate dai troppi slogan. In mezzo, secondo la visione scialba e riduttiva della Gagliardo, due stereotipi ambulanti: Giulio e Marta, ambizioso e destrorso lui, naif e sinistroide lei. Combattivi e ispirati nell'89, si ritrovano quarantenni per scoprire che gli ideali giovanili sono affogati nel compromesso e che la vita è una lotta banale contro le insidie della quotidianità. I sistemi in cui hanno rispettivamente creduto si sono estinti, strangolati dall'avidità e dalle debolezze dei capi. Però forse, sommati gli errori alle conquiste e le rinunce al benessere, alla fine di tutto resta ancora un ramo di luce a cui aggrapparsi, una nicchia in cui scivolare per tener viva la speranza. Peccato. Gli ingredienti per un gustoso intervento di dietrologia c'erano tutti: nostalgia della giovinezza e dei suoi ardori, fortezze storiche in disfacimento, caratteri agli antipodi fatalmente attratti. Un poutpourri di luoghi comuni da cucinare con abbondante verve e una spruzzata di romanticismo. Che invece, in questo debole esperimento di docu-fiction, si riduce a un elenco asettico di situazioni e di cammei. Scegliere la via neutrale non sempre conviene: volendo evitare cadute retoriche, si cade nel vischio della didascalia. E l'avventura finisce prima ancora di iniziare. (La recensione del film "Venti anni" è di Elisa Lorenzini)
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