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LA FUGA DI MARTHA - RECENSIONE
La fuga di Martha recensione
Recensione

recensione di F. Rinaldi
[recensione La fuga di Martha] - Martha, Marcy May e Marlene: nomi che delineano tre identità appartenenti ad una sola persona, mentalmente provata dal vissuto di due anni in una setta-famiglia. Martha fugge attraverso il bosco. Corre via dalla fattoria che per anni l'ha vista sottomettersi ai suoi membri , primo fra tutti Patrick, leader della setta. Riuscita a scappare, contatta la sorella Lucy (l'unico familiare a lei rimasto) che la porta nella sua casa sul lago nel Connecticut, dove sta trascorrendo del tempo libero con il marito Ted. Sean Durkin alle prese con il suo primo lungometraggio, mette in scena con pochi elementi, un thriller psicologico impostato sulla figura della protagonista Martha (Elisabeth Olsen). Narra il disordine mentale che la pervade esclusivamente attraverso i suoi occhi, in modo soggettivo. Non si estranea dalla persona, ma ne sviscera ogni pensiero. E' un percorso che fa principalmente leva sulle immagini: ai dialoghi è affidata esclusivamente la funzione di sottolineatura; essi non svelano più di quello che si è deciso di mostrare. Presente e passato si intrecciano e si sovrappongono. Il distacco temporale che li caratterizza quasi si annulla. Il montaggio alternato ce li pone sullo stesso piano, prestando voce allo smarrimento della protagonista. Martha che fugge nel basco, dalla fattoria, da quel passato che tanto l'ha provata, dagli abusi subiti, in realtà è ferma, immobile, di fronte all'impietoso quadro che la vede ritratta. Scappa fisicamente ma mai mentalmente: per quanto si possa andare lontani e per quanto veloce si possa correre, impossibile fuggire da se stessi, soprattutto quando (come nel suo caso), il disordine è tale da non riuscire a rivedersi in nessuna delle tre identità createsi nel tempo. Patrick, leader carismatico del gruppo, ha soggiogato la fragile personalità di Martha, ribattezzandola prima Marcy May e successivamente Marlene. Nel momento in cui la follia del suo protettore esce prepotentemente fuori, con atti di violenza e abusi sempre più frequenti, Martha trova la forza di ribellarsi e comprende quanto devastante è stato per lei quel mondo. La consapevolezza del male ricevuto ha creato in lei l'incapacità di essere di nuovo una persona. L'incapacità di vivere nel presente, senza l'intromissione massiccia del passato che l'ha soggiogata. Nemmeno alla sorella Lucy è permesso di avvicinarsi, di scrutare quel buio che le attanaglia l'anima. La risposta più semplice per Martha sembra essere la paranoia, il distacco dagli altri e da se stessa. La speranza che perdendo la concezione del proprio sé, sia possibile dimenticare il resto. Il film non dà soluzione al disagio di Martha, anzi, mostra continuamente la sua incapacità di rialzarsi, di cambiare, di essere qualcosa oltre ciò che è costretta ad essere. Il finale aperto ribadisce ancora una volta che la fuga non è la soluzione; rappresenta solo un rimandare. L'esordio al cinema di Sean Durkin e Elisabeth Olsen è folgorante. (La recensione del film "La fuga di Martha" è di Federica Rinaldi)
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