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QUALCOSA NELL'ARIA - RECENSIONE
Qualcosa nell'aria recensione
Recensione

recensione di R. Gaudiano
[Qualcosa nell'aria recensione] - Olivier Assayas riprende il discorso autobiografico iniziato con il film "L'Eau froide" (1994) e in quest'ultimo lavoro "Après mai", racconta l'impeto giovanile collettivo, la rabbia, le ansie, gli ardori e la forza prorompente che i giovani raccolgono da ideologie politiche. Assayas ripropone così sullo schermo l'importante movimento storico giovanile degli anni '70 con "Qualcosa nell'aria" (titolo originale "Après mai"), un film che, a suo dire, è nato da solo, quasi si è imposto come un' esigenza imperante di ripercorrere quegli anni di lotte e contraddizioni che hanno segnato anche la sua giovinezza. Parigi, 9 febbraio 1971. Il Secours Rouge, organizzazione nata dalla corrente maoista, indice una manifestazione di sostegno a favore di due dirigenti della Sinistra Proletaria in carcere. La manifestazione sfocia in guerriglia e scontri violenti tra le forze dell'ordine e i manifestanti. "Qualcosa nell'aria" inizia così, apre su questo conflitto violento durante il quale un ragazzo, Richard Deshayes, 24 anni, viene colpito in pieno viso da una granata fumogena e perderà un occhio. Un gruppo di liceali attivi politicamente si sentono coinvolti nella lotta aperta. Nel gruppo c'è Gilles (l'esordiente Clément Metayer), studente, con l'aspirazione della pittura e della regia cinematografica e la studentessa Christine (Lola Créton) con cui Gilles ha anche un'intesa sentimentale. Assayas snoda un racconto corale, che ha come filo conduttore l'esperienza collettiva giovanile in cui quasi si annulla l'individualità, in nome di un'ideologia sovrana, che pone al di sopra di tutto la lotta a tutte le forme d'imperialismo imperante, soprattutto al comunismo sovietico. "Après mai", è il periodo che segue la lotta sessantottina, una lotta ormai consumata, che lascia in eredità frange politiche giovanili disorientate, che cercano una sintesi possibile tra politica, sentimento e realizzazioni artistiche. Senza cadere in un immobilismo pedagogico, Assayas conduce un messaggio mediatico universale sulla natura stessa della giovinezza, carica di sentimento prorompente che abbraccia più dinamiche, da quella politica a quella squisitamente sentimentale. E se quel tempo degli anni '70 rappresentò una cultura giovanile esplosiva nella sua ideologia portante, la libertà di scegliere modelli di vita fu un tema culturale che segnò il modo di essere di quei giovani, capaci di sentirsi cittadini del mondo intero. Un affresco spontaneo, fluido nel racconto, "Après mai" è un percorso formativo culturale, in cui si coniugano voglia di affermazione, contraddizioni, valori, sogni, delusioni, che poi caratterizzarono tutto il possibile universo giovanile delle epoche successive. Il film riesce a caratterizzare un momento di cambiamento epocale, in cui il sentimento giovanile era pervaso da una sorta di "liquidità", un confine sfumato tra politica, lavoro e amore, che si nutre di una sessualità senza impegno. Molti degli attori sono esordienti, con meritevoli capacità di essere in sintonia con la mano registica di Assayas che ha saputo ben caratterizzare i personaggi chiave del film. "Après mai", premiato a Venezia 2012 per la migliore sceneggiatura, non è un film facilmente godibile. Riesce comunque ad essere un valido documento, capace di raccontare senza giudicare le profonde e malinconiche forme esistenziali giovanili di quegli anni '70. (La recensione del film "Qualcosa nell'aria" è di Rosalinda Gaudiano)
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