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PIETA' - RECENSIONE
Pietà recensione
Recensione

Pietà recensione
[Pietà recensione] - È difficile poter definire questo film bello o brutto. Pietà, nuova pellicola diretta da Kim Ki-Duk, spiazza lo spettatore. Il regista coreano, noto come uno dei più grandi avanguardisti contemporanei, questa volta osa molto di più rispetto alle opere precedenti portando sul grande schermo una storia cruenta e perversa. Il protagonista della trama è Lee Kang-do (Lee Jung-jin), uno temuto strozzino di Seul, che si aggira nel quartiere di Cheonggyecheon dove, per riscuotere i debiti saliti alle stelle grazie agli interessi degli usurai, minaccia e storpia gli artigiani che non riescono a saldare i propri conti. Il suo percorso di redenzione ha inizio nel giorno in cui incontra una donna, Jang Mi-seon (Jo Min-soo), che afferma di essere sua madre e gli chiede perdono per averlo abbandonato quand'era piccolo. All'inizio, il cinico ragazzo non le crede e, non ricevendo nessuna prova concreta che attesti tale affermazione, la violenta. Successivamente, il rapporto tra i due comincia a decollare e il comportamento del protagonista pian piano cambia positivamente, fino a quando la donna scompare all'improvviso. Per i primi quaranta minuti della pellicola, si ha la sensazione di esser stati catapultati in un film ai limiti dello splatter; la violenza gratuita ed eccessiva delle scene ci mostrano un Kim Ki-duk sconvolgente, per nulla poetico e completamente opposto a quello visto in Ferro 3-La casa vuota o ne L'arco. Alcuni suoi tratti tecnici peculiari, come il primo piano e le inquadrature statiche, li ritroviamo con l'entrata in scena della madre. Un passaggio del film particolarmente apprezzabile è quello del momento del pranzo dove, pur non scambiandosi nemmeno una parola, i due protagonisti, attraverso gli sguardi, dialogano in modo commovente. Per il resto, il regista coreano poteva risparmiarsi, o quanto meno velare, molte scene girate in modo esplicito e volgare come quella dello stupro della madre, delle violenze fatte agli artigiani e di quelle erotiche. Il tutto, infatti, dà alla pellicola un aspetto cruento, cinico, sadico, perverso. Non si capisce perché il percorso di redenzione che fa il protagonista debba essere rappresentato con tanta violenza fisica e psicologica gratuita. Film, quindi, abbastanza deludente e sopravvalutato. C'è, però, da ammettere che il cineasta coreano, pur essendo molto imprevedibile, riesce sempre e comunque a trasmette emozioni attraverso i suoi lavori anche se Pietà rappresenta una chiara caduta di stile. (La recensione del film "Pietà" è di Maurizia Chersicla)
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