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PARIS-MANHATTAN - RECENSIONE
Paris-Manhattan recensione
Recensione

recensione di R. Gaudiano
[Paris-Manhattan recensione] - Sulla parete della camera di Alice (Alice Taglioni) è appeso un grande manifesto di colui che è riuscito a cogliere meglio degli altri i problemi di una società in crisi, le componenti di un disagio morale e sociale osservato con gli occhi distaccati del fustigatore dei costumi, del moralista aggressivo e divertito: Woody Allen. Il grande Woody è per Alice il suo alter ego, a lui rivolge domande cui lei stessa dà delle risposte. I suoi film sono per Alice verbo assoluto, le risposte ad ogni sorta di disagio esistenziale. Alice è giovane, bella, lavora come farmacista al centro di Parigi e non ha ancora trovato uno straccio di marito, cosa che preoccupa non poco tutti i membri della sua famiglia paterna. Nonostante queste sconfitte ad Alice non mancano avventure che però finiscono quasi sul nascere. Fino a quando, un giorno, nella sua tumultuosa quotidianità compare Victor (Patrick Bruel) e le cose assumono pian piano una piega tutta nuova. Commedia dai toni squisitamente romantici, "Paris-Manhattan" è il primo lungometraggio di Sophie Lellouche. La regista non si trattiene dall'omaggiare il grande cineasta americano, presente nel film con il grande poster che Alice custodisce nella sua camera e le innumerevoli citazioni dei suoi film, ancora di salvezza dell'esistenza tormentata della bella farmacista, che non si priva di "curare" anche le turbe di affezionati clienti nevrotici cui consiglia DVD del suo amato Woody. La sceneggiatura del film, in effetti, si rifà troppo fedelmente ai modelli della cinematografia di Allen, in particolare al film "Provaci ancora Sam". Alice viaggia in un mondo surreale, nonostante le contraddizioni e le amarezze. I suoi genitori (Michel Aumont e Marie Christine Adam), sua sorella Helen (Marine Delterme) ed anche il marito di sua sorella (Yannick Soulier) hanno tutti degli scheletri nell'armadio e presto Alice ne viene a conoscenza. Situazioni borderline fanno si che la trama di "Paris-Manhattan" rincorra per tutto il film un traguardo arduo e difficile: dare forza originale a fatti e personaggi spesso banali e risaputi (come Allen sa fare!) mescolando i più disparati ingredienti del cinema di consumo, ma ahimè , sortendo con una gran confusione tra realtà e fantasia, umorismo e surrealismo, fino a cadere rovinosamente su alcune battute pungenti sulle crisi esistenziali dei vari personaggi. L'opera traballa e annoia per una sceneggiatura fragile ed anche sconnessa nella trama. La musica ammaliante di Cole Porter pregna il film di un soave e benevolo romanticismo, coniugandosi con la superba fotografia di Laurent Machuel, che porge immagini dai toni pacati di una Parigi ridente alla vita. Tutto sommato, quest'ultimo pregio di "Paris-Manhattan" riscatta la bassa mediocrità di questo primo lungometraggio della Lellouche. (La recensione del film "Paris-Manhattan" è di Rosalinda Gaudiano)
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