recensione di M. Nottoli
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Non aprite quella porta 3D recensione] - Quante volte ancora avranno intenzione di rifare Non aprite quella porta? L'originale è del 1974. Poi ne hanno fatto un remake, poi un prequel che nei fatti era un remake e adesso il sequel che non è che un altro remake! Almeno fino ad un certo punto. Basta aggiustare un po' le premesse, riordinare il mazzo, ridistribuire le carte e siamo daccapo, con il solito gruppetto di amici composto da giovinastri palestrati col quoziente intellettivo sotto i piedi e sgallettate propense alla zoccolaggine, che si ritrova su un furgone Volkswagen diretto senza saperlo verso una casa all'apparenza abbandonata dove dietro ad un pesante portone d'acciaio c'è ad attenderli la motosega più famosa della storia. Cambiano gli anni, cambiano gli interpreti ma il canovaccio no. Non cambia nemmeno in questo Non aprite quella porta 3D, in cui un Leatherface invecchiato continua a macinare chilometri a piedi col suo inseparabile strumento di tortura scoppiettante in mano. Fino ad un certo punto però superato il quale, quando già ci si attende la carneficina indistinta e reiterata, la pellicola diretta da John Luessenhop sa prendere una piega, a tratti, inaspettata. Fin dal principio del resto manifesta la volontà di riallacciarsi direttamente all'originale (anche se l'accostamento con le immagini di Tobe Hooper ne rende immediatamente evidente l'incolmabile divario) distanziandosi dal formalismo estetizzante dei due predecessori che riduceva l'horror ad un lungo videoclip in stile Mtv tutto fotografia virata in ocra, controluci ed effetti splatter in abbondanza. Ribadiamolo: dell'atmosfera malata e densa di cattivi presagi che permeava il film del 1974 non vi è traccia. La fattura è dozzinale e la regia priva di mordente se si escludono le insistite riprese ad altezza culo del posteriore di una delle protagoniste in primo piano (sapiente uso del 3D!). Si può tuttavia apprezzare il tentativo che il film attua nel sottofinale di rimescolare il mazzo e ridistribuire le carte, ridefinendo la fissità dei personaggi e gettando su di loro una luce nuova. Con un'operazione alla stregua degli Zombie di Romero, ma anche di Jigsaw l'enigmista, Non aprite quella porta 3D ribalta infatti la prospettiva, i confini tra vittime e carnefici si fanno indistinti, quelli che credevamo i cattivi non ci sembrano più così cattivi, mentre i buoni ovvero la società americana conservatrice e profondamente fascistoide, ci appaiono più cattivi dei cattivi stessi che al contrario dimostrano di avere un cuore, seppur guastato. Ed è così che in nome della famiglia e degli indissolubili legami di sangue, Leatherface assurge nei fatti a diventare quello che la storia del cinema aveva già decretato in maniera spontanea e ufficiosa: l'eroe (buono?) dell'intera saga.
(La recensione del film "
Non aprite quella porta 3D" è di
Mirko Nottoli)
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