recensione di M. Nottoli
[
Love is all you need recensione] - I registri eccessivamente sentimentali non giovano probabilmente a Susanne Bier. Ne avevamo già avuto sentore con Noi due sconosciuti. Ma mentre là il mezzo passo falso si poteva imputare alla novità della produzione hollywoodiana, con Love is all you need, presentato all'ultimo Festival di Venezia senza suscitare grandi entusiasmi, non vi sono scusanti. Se il film precedente della regista danese, In un mondo migliore, Oscar 2011 come miglior film straniero, si imponeva per la solidità della trama e la sicurezza della mano che la dirigeva, in Love is all you need, quella stessa mano, alle prese con un materiale all'apparenza molto meno insidioso (stiamo parlando di una classica storia d'amore, come è suggerito dal titolo), appare più volte incerta, titubante, incapace di gestire e ben equilibrare le diverse componenti della pellicola. Innervata da un'anima spiccatamente comica, che rischia però spesso di scadere nella caricatura, una più sentimentale e una decisamente drammatica seppur stemperata da un tono generale che tende comunque alla leggerezza, l'opera della Bier non appare mai del tutto stabile, come un tavolo con una gamba più corta che in qualsiasi punto ci si appoggi, balla. Per cui si fatica a trovare la quadratura del cerchio, quando si preme sul pedale della commedia si sconfina spesso nello stereotipo, o peggio nel demenziale, finendo con lo stridere contro i momenti più soffusi e sofferti, quelli che rendono conto di una tragedia vissuta in solitudine o quelle intime parentesi che giungono impreviste, fatte di cenni, sguardi e ricordi, che la Bier sa confezionare ma che qui rimangono appunto parentesi. La mancanza inoltre di un mood di sottofondo unitario e unificante si riflette in una sceneggiatura che non riesce a tirare ordinatamente tutte le fila della propria trama, che pone la giusta attenzione sui personaggi principali a discapito però dei molti comprimari, e dei rapporti interpersonali che li legano, lasciati colpevolmente in uno stato appena abbozzato, talvolta trasformati in vere e proprie macchiette: il marito insensibile, la giovane svampita, il gay represso, l'uomo d'affari che torna alla natura (qualche eco di Un'ottima annata), l'Italia perennemente associata alle note di That's amore (basta!). La sostanziale inaffidabilità dell'essere umano, vile ed egoista, viene indorata nel finale con un riscatto che suona più come una concessione, ruffiana ma dovuta, verso lo spettatore che per la reale convinzione dell'esistenza di una giustizia superiore che giunge a dirimere i torti. Tra le note positive da segnalare sicuramente i due protagonisti, Trine Dyrholm che si produce in un nudo integrale che non tutte le attrici, sospettiamo, avrebbero accettato e Pierce Brosnan che smessi gli ingessatissimi panni di James Bond sta ritrovando una terza giovinezza artistica, e il nostro Bel Paese che seppur tanto vituperato sul grande schermo fa sempre una gran bella figura.
(La recensione del film "
Love is all you need" è di
Mirko Nottoli)
- Vai all'
archivio delle recensioni
- Lascia un commento, la critica o la tua recensione del film "
Love is all you need":