recensione di M. Gasparroni
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La leggenda del cacciatore di vampiri recensione] - 2D e 3D si sposano in una rara versione di matrimonio piuttosto riuscito. Lo dimostra l'ultima pellicola di Timur Bekmambetov, regista già acclamato con prodotti che hanno sbancato ai botteghini russi, tra cui I guardiani della notte e i guardiani del giorno, primi episodi della saga fantasy vampiresca tratti dai romanzi di Sergej Luk'janenko. Il tema dei vampiri non finisce mai di stancare, declinato in una gamma straordinaria di stili e varianti che toccano significati e significanti, dalla morfologia dei personaggi ai metodi di uccisione, dalle cornici favolistiche e surreali a trame di sfondo più verosimile, per un risultato che sembra andare a definire un proprio circoscritto sottogenere. Accolto senza troppi entusiasmi, La leggenda del cacciatore di vampiri non aggiunge nulla a quanto già non fosse stato tramandato da innumerevoli storie sul popolo notturno. In un impianto ben costruito su salde convenzioni di genere, si enfatizza l'intreccio narrativo desunto dall'adattamento cinematografico del romanzo di Seth Grahame Smith Abraham Lincoln, Vampire Hunter. Il patriottismo di base storica si coniuga elasticamente con un vampirismo che fa da trampolino a scene action esagerate e combattimenti ultraspettacolari dettati dalla slow-motion. L'eco dei tanti Resident Evil e Underworld, senza lasciare indietro la trilogia di Matrix, intacca il corpo dell'intera pellicola, mossa da una struttura drammaturgica di poca inventiva, con una buona dose di elementi trash e postmoderni. La narrazione si snocciola dietro a schematismi ormai classici che seguono la vestizione dell'eroe di turno: presentazione del protagonista, aderente alla classe degli umili; apprendimento sulle orme di un mentore, spesso più saggio e anziano; impugnazione dell'arma per il tuffo finale in un mondo da cui bisogna estirpare la radice del male. Il nativo 3D cameroniano, dai colori sfavillanti e un'eleganza sottesa alla diatriba atavica classico/moderno, si risolve qui in un pastiche creativo asservito al puro divertimento, senza pretese di sorta, rispondendo all'impulso di un pubblico vorace di evasione. Il ritmo e la suspense sono ben calibrati e l'azione si sciorina in sequenze di pronto coinvolgimento, su una base dark dove lo scavo nel contesto storico-sociale è l'innesto di partenza per coniare l'ennesima sfida del secolare binomio di stampo manicheo. Nella più semplicistica lettura improntata ad uno storicismo epurato di complesse sfumature, Abrham Lincoln impugna l'argento per sconfiggere il male radicato in una società corrotta e sudista, quello stesso male che aveva condannato prematuramente la madre. Sedicesimo Presidente degli Stati Uniti d'America, vincitore della Guerra di Secessione e primo fautore dell'abolizione della schiavitù, Abraham Lincoln si delinea nella figura di un "super" che cerca di conciliare il ruolo di politico, di padre, di marito, nonché di cacciatore investito di alta carica morale. Un suo aforismo recita "Se ho tre ore per abbattere un albero, userò la prima ora per affilare l'ascia".
(La recensione del film "
La leggenda del cacciatore di vampiri" è di
Marta Gasparroni)
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