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LA FAIDA - RECENSIONE
La Faida recensione
Recensione

La Faida recensione
[La Faida recensione] - Cinema di denuncia, dell'intercultura. Joshua Marston realizza, dopo il successo di "Maria Full of Grace" del 2003, "La Faida", presentato alla 61a Berlinale Special. Albania ai giorni nostri. In un villaggio rurale albanese situato a settentrione, Nik (Tristan Halilaj), 17 anni, vive con la sorella Rudina (Sindi Laçej), il fratellino Dren (Elsajed Tallalli) ed i genitori. Nik sogna il suo futuro, spera di riuscire nel progetto di poter aprire un Internet Point dopo il diploma e legarsi sentimentalmente ad una ragazza della sua età che gli piace molto. Un uomo viene trovato morto con un coltello conficcato nel petto. Mark (Refet Abazi), padre di Nik viene accusato dell'omicidio. L'Albania è un paese situato lungo le coste del Mediterraneo e come in altri paesi con la stessa posizione geografica, vige il "Kanun", un antico codice civile balcanico del XV sec. che conferisce alla famiglia della vittima il potere di uccidere un maschio adulto della famiglia che ha arrecato l'offesa. Tutto cambia nel quotidiano di Nik e di tutta la sua famiglia. La casa diventa la prigione del ragazzo, costretto a non varcare la soglia della propria abitazione, unico posto dove non sarebbe raggiunto da una morte certa. L'atto delittuoso dà inizio ad una atavica forma di "necessaria" vendetta, di ostilità sanguinaria, che ha la precisa funzione di regolare la violenza subita, attraverso una ritualizzazione delle tappe che ne segnano il micidiale svolgimento. E' l'onore ad essere chiamato in causa ed il Kanun è il codice che lo riscatta, che ristabilisce un equilibrio interrotto tra gruppi che convivono sullo stesso territorio, con rapporti stretti, da richiedere immancabilmente la vendetta in caso d'omicidio. Joshua Marston punta sull'essenziale, sui dialoghi chiarificatori, su sequenze in cui il verbo è il silenzio nell'attesa dilaniante, respinta, incompresa, ma necessaria. Il messaggio riesce in tutta la sua crudeltà, i suoi tratti distintivi sono la responsabilità collettiva di tutti i membri del gruppo ed il loro dovere di vendicare l'omicidio, accettando anche il pagamento del prezzo del sangue. Nik, l'immagine della ribellione, tenta con tutte le sue giovani forze di cambiare il linguaggio del "debito" per l'offesa arrecata, tenta di cambiare comportamenti insensati con il dialogo, le parole, di ribaltare questo "canone" culturalmente determinato a garanzia dei rapporti di potere locale. "La Faida" riesce a conquistare ed affascinare per la lealtà della narrazione, fedele all'essenza di una cultura espressa nelle sue forme più singolari, ma che ormai si contrappone ad una modernità esistente anche nelle modeste case dei contadini albanesi, in cui non mancano televisori e telefonini. Un film denuncia, informativo, ben calibrato da una recitazione spontanea e veritiera, apre, pur nella sua drammaticità, alla speranza che un possibile cambiamento possa esserci nelle emozioni ed i sentimenti degli uomini, sempre meno inclini a forme di vendetta, sangue e violenza. (La recensione del film "La Faida" è di Rosalinda Gaudiano)
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