recensione di E. Lorenzini
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Gladiatori di Roma recensione] - Chissà se un giorno il cinema italiano sarà ricordato anche per i successi nel sovraffollato mondo dei cartoon. Per ora, il podio dell'animazione resta rigorosamente targato USA e, fatta eccezione per le locali, sporadiche genialate di Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli (che, peraltro, disegnano un'etica profondamente diversa dal perfezionismo spettacolare di Hollywood), all'orizzonte non si vedono concorrenti degni di questo nome. L'impresa che Iginio Straffi, forte degli applausi planetari alle sue Winx, tenta con Gladiatori di Roma, è affiancarsi ai capolavori Pixar e Dreamworks emulandone la tecnica e lo spirito, ma proponendo una storia e un'ambientazione tutte italiane. Intento nobile, senza dubbio. Che equivale a dire: tentar non costa nulla. Riuscire, però, è un'altra cosa. I Gladiatori del disegnatore e regista marchigiano sono una ciurma di palestrati machisti, di cui si venerano il mito e i bicipiti. Mentre il ruolo del buono ma tonto è affidato al "vitellone" Timo, orfano scampato all'eruzione di Pompei e portato a Roma dall'allenatore di campioni Chirone, che cerca invano di stanare nel suo pupillo un guizzo di eroismo. Peccato che l'unica passione di Timo sia la sorellastra Lucilla e che questa sia controvoglia promessa a Cassio, belloccio ma vacuo. Toccherà all'energica dea Diana modellare carattere e profilo di questo molliccio, indolente, italianissimo protagonista e renderlo degno dell'amata, contando solo sulle proprie riserve interiori e senza i filtri magici di una nonna-strega dal forte accento partenopeo. Con Gladiatori di Roma, Straffi non aggiunge di certo una pietra miliare alla storia dei cartoon: il film è debole nella sceneggiatura e nella grafica, ingenuo nella morale e povero di personaggi memorabili. Però sarà un buon vettore di italianità negli States a partire dalla prossima primavera, quando sbarcherà in tremila cinema d'Oltreoceano. E questa, dopo anni di stanca autoreferenzialità del nostro cinema, è già una grande conquista.
(La recensione del film "
Gladiatori di Roma" è di
E. Lorenzini)
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