recensione di E. Lorenzini
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Damsels in distress recensione] - Non particolarmente dotato di sense of humour, il cinema americano è capace tuttavia di insolite e dissimulate critiche alla società che lo ispira. Nel caso di "Damsels in distress", bersaglio delle risate caustiche del regista Whit Stillman è il mondo post-teen dei college, calderone di miti e di stereotipi, tritacarne che cerca di tradurre la confusione adolescenziale in qualcosa di simile al Sogno Americano. Nell'East Coast College, il trio ipercompetitivo e complessato composto da Violet, Rose e Heather cerca di imporre alle altre studentesse una pretenziosa e sgangherata dittatura sulle abitudini personali, il dress code, l'etichetta, nel tentativo di salvare le matricole dalla barbarie dilagante del dormitorio maschile e sventare così potenziali suicidi. L'arrivo di Lily, appena trasferitasi all'East Coast da un altro ateneo, stravolge le convinzioni e i progetti del mitico trio. La nuova arrivata, equilibrata e scettica di fronte alle manie delle compagne, spinge Violet, Rose e Heather a rinnegare il loro dorato isolamento e a scendere a patti con la sana imperfezione del mondo che le circonda. Sesso, amore non corrisposto e dubbi esistenziali travolgono la debolezza patinata di queste "donzelle in crisi da stress" e le obbligano ad ammettere la propria balbettante immaturità. Il film di Stillman è una commediola frizzante farcita di battute demenziali e con musiche da videoclip sparate a un volume appena al di sopra del sopportabile. Però, nella sua disarmante semplicità, questa (s)mascherata caciarona e volgarotta che addita le fisime e le fragilità di tanti studenti di college, chiamati a conformarsi a un ideale di celluloide, lancia uno strale a una fetta di società americana malata di perfezionismo. E centra bene il bersaglio.
(La recensione del film "
Damsels in distress" è di
Elisa Lorenzini)
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