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Code of the West recensione] - Una profonda e dettagliata denuncia del sistema giuridico degli Usa, con particolare riferimento al settore della produzione di cannabis terapeutica e della conflittualità tra normativa statale e federale: questo è il tema di fondo di
“Code of the West” (
trailer), film-documentario presentato lo scorso autunno e che uscirà a breve negli States.
La regista del documentario, Rebecca Cohen, aveva già realizzato un primo lavoro, che era stato presentato nella primavera del 2012 al festival
“The South by Southwest” e che aveva ottenuto considerevoli successi e consensi. La Cohen, una volta terminata la prima produzione cinematografica, insieme ai produttori si è poi successivamente decisa a creare una nuova opera, con lo scopo di dare ulteriore risalto alla problematica affrontata, in quanto quest’ultima, nel frattempo, aveva prodotto effetti ancora più negativi e devastanti.
Ma veniamo a esporre esattamente di che si tratta; negli Stati Uniti la produzione di marijuana da impiegare a scopi medico-terapeutici, per pazienti che ne hanno uno specifico bisogno per fronteggiare determinate patologie, è legale in molti Stati. Tra l’altro è noto come, a seguito dei referendum che hanno avuto luogo contestualmente alle elezioni politiche americane lo scorso Novembre, alcuni Stati, come ad esempio il Colorado, abbiano legalizzato e regolamentato anche il possesso e l’utilizzo di cannabis da parte dei cittadini per uso personale e di intrattenimento. In aggiunta, oltretutto, i semi di canapa sono acquistabili regolarmente oltre che negli Usa anche in tantissimi altri Paesi, e pure in Italia si possono procurare a norma di legge tramite siti web come questo
qui.
Ad ogni modo, la Cohen iniziò la sua indagine 3 anni fa in Montana, dove, incontrando i fondatori del gruppo Cannabis Montana, nato proprio per offrire soluzioni e modelli nella governance del problema relativo alla produzione di cannabis medica, si imbattè in una configurazione dell’ordinamento evidentemente incoerente ed inadeguata; innumerevoli erano (e sono), infatti, gli arresti attuati dalle autorità federali statunitensi nei confronti di cittadini che, nello svolgere la loro attività, operavano nella più totale osservanza della legge dello Stato in cui risiedevano.
Tanto più che, nel periodo intercorso tra l’uscita del primo docufilm e gli inizi del lavoro del secondo, gli stessi fondatori della citata associazione sono stati incriminati dalle forze federali, e tuttora uno di loro, Chris Williams si trova in prigione; in prigione era stato rinchiuso anche un altro del gruppo, Richard Flor, dove è tristemente deceduto lo scorso Agosto. L’approccio critico della regista aiuta a sviscerare il problema, per mezzo di testimonianze dei diretti interessati, che permettono di osservare dall’interno quanto il sistema legislativo sia contorto e, con riferimento alla tematica affrontata, assai deficitario e lacunoso.
Superfluo è sottolineare che tutto lo staff che ha dedicato tempo e passione a questa produzione si auspica che negli Stati Uniti sempre più persone possano venire a conoscenza di questo problema.
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