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BROKEN CITY - RECENSIONE
Broken City recensione
Recensione

Broken City recensione
[Broken City recensione] - La corruzione del potere. Tema vecchio come il mondo al centro di questo Broken City, film che ricorda per titolo e contenuto un altro film di qualche anno fa, City Hall. Per la serie tutto il mondo è paese, si prendano alcuni stralci di dialoghi ed alcune battute ben assestate e sembra di sentir parlare di casa nostra. E invece siamo a New York. Russell Crowe con una brutta pettinatura è il sindaco della grande mela. Mark Wahlberg è un ex poliziotto, oggi detective privato che viene ingaggiato dal primo cittadino per indagare sulle presunte scappatelle della moglie (Catherine Zeta-Jones) ma proprio alla vigilia delle elezioni, come si dice, gatta ci cova. Si troverà in mezzo al classico gioco più grande di lui dove niente è come sembra, venendo a stretto contatto con gli intrighi della politica e dei suoi numerosi scheletri nell'armadio. Del resto chi non ne ha, di scheletri nell'armadio, come ben sa il navigato diplomatico. Torna alla mente il Vigile di Alberto Sordi che per eccesso di zelo al senso del dovere volle a tutti i costi multare il sindaco e mal gliene incolse. La giustizia – si dice ad un certo punto – tutti la cercano ma nessuno la ottiene. Non sono quelli comici i sentieri battuti dalla pellicola diretta da Allen Hughes (Codice genesi, su cui sorvoliamo) bensì quelli serrati del thriller politico, forte di una sceneggiatura capace di prendere la giusta direzione ad ogni svolta e di evitare così pendii lastricati d' ingenuità e di un montaggio che, coadiuvato dal commento sonoro, cadenza in un crescendo sostenuto un racconto dove nessuna scena pare di troppo. Purtroppo per Broken city la solidità strutturale rilevata per tre quarti di film non è la stessa che contraddistingue il sottofinale la cui risoluzione, se attentamente analizzata, si dimostra al contrario fragile e alquanto fumosa, lasciando la spiacevole sensazione, resa ancora più spiacevole in quanto ultima, di occasione mancata di un soffio. Sui titoli di coda, riflettendo del più e del meno, di abusi edilizi, bustarelle e loschi affari privati, dello sfidante che durante il dibattito televisivo incalza mentre il titolare in carica ammicca piacione alla telecamera, di nuovo riaffiora la situazione nostrana finendo inconsciamente col sovrapporre al volto dei protagonisti quello dei nostri uomini di governo. E allora ecco Berlusconi: non mi dimetto, è il solito complotto delle toghe rosse. E guadagna un'altra manciata di voti. Maroni: chi sbaglia paga, fuori dalla lega. E viene annegato in Po dai militanti (con rito celtico). Bersani: che la giustizia faccia il suo corso, confidiamo nella magistratura. E intanto si autosospende. Di Pietro: mia moglie non è mia moglie. E finisce a fare il gregario di Ingroia. Marrazzo: mi pento. E si ritira in convento. Siccome la giustizia non è uguale per tutti, questi al gabbio non ci vanno mai. (La recensione del film "Broken City" è di Mirko Nottoli)
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