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Anna Karenina recensione] - Siamo nella Russia Imperiale del 1874. Anna Karenina (Keira Knghtley) ha quello che tutti i suoi contemporaneai aspirerebbero ad avere: è la moglie di Karenin (Jude Law), un ufficiale governativo di alto rango al quale ha dato un figlio, e la sua posizione sociale e reputazione a San Pietroburgo non potrebbe essere più alta. Anna si reca a Mosca dopo aver ricevuto una lettera da suo fratello, un dongiovanni di nome Oblonsky (Matthew Macfayden), che le chiede di raggiungerlo per aiutarlo a salvare il suo matrimonio con Dolly (Kelly Macdonald). In viaggio, Anna conosce la contessa Vronsky (Olivia Williams) e, alla stazione, suo figlio, l'affascinante ufficiale di cavalleria Vronsky (Aaron Taylor-Johnson). Quando Anna viene presentata a Vronsky, scoppia immediatamente una scintilla di reciproca attrazione che non può essere ignorata.. Joe Wright torna a collaborare per la terza volta con il suo, ormai, attore feticcio Keira Knightley e per la terza volta si cimenta nell'adattamento cinematografico di un libro dopo "Orgoglio e Pregiudizio" e "Espiazione". Non ce ne vogliano, Jane Austen e Ian McEwan, due degli scrittori inglesi tra i più grandi – anche se in epoche completamente diverse – ma l'opera di Lev Tolstoj oltre ad essere un poema immenso, contiene tutt'una serie di sfaccettature d'umanità che rendono, sin da principio, un progetto del genere altamente rischioso. Anna Karenina ha da sempre solleticato l'interesse dei produttori cinematografici sin dall'epoca del cinema muto. Questo personaggio è stato interpretato ben due volte da Greta Garbo (prima nel film di Edmund Goulding del 1927 e poi in quello di Clarence Brown del 1935) e da Vivien Leigh (per la regia di Julien Duvivier, nel 1948). Per quanto il libro sia un contenitore straordinario di tematiche, quella che appassiona maggiormente e quella che cinematograficamente alletta è sicuramente la tematica dell'amore. Amore che, in fin dei conti, non è semplicemente quello tra i due amanti che si abbandonano all'amor fou e si autodistruggono per quello, ma è anche l'amore materno o tra fratelli, o l'amore ingenuo, quello più puro e, per quanto sano, forse troppo etereo che si scatena tra Kitty e Levin – che sia nel romanzo che nel film vengono messi in diretta contrapposizione ad Anna e Vronsky. La sceneggiatura del film è stata curata dal drammaturgo shakespeariano Tom Stoppard che è riuscito nell'impresa di comprimere un tomo enorme in 130 minuti di film, lasciandone intatta l'essenza e dando vita a praticamente tutti i personaggi del libro, lasciando spazio a dialoghi eleganti e sensibili quanto sentiti. I protagonisti del triangolo amoroso, Anna – Vronsky – Karenin, rispettivamente Keira Knightley, Aaron Johnnson e Jude Law apparentemente sembrano essere scelte sbagliate, in particolar modo, la protagonista femminile: troppo giovane per un ruolo così letale. Di fatto, Jude Law riesce a dar vita e drammaticità a un personaggio che rappresenta l'amore imploso di un marito che, in fin dei conti, è un santo; Johnnson carpisce allo stesso tempo l'enorme fascino e la dolcezza/debolezza del Conte Vronsky che fa di tutto pur di prendersi ciò che vuole. La Knightley, anche se troppo giovane, rende magicamente, con le sue micro-espressioni facciali, il turbinio di sensazioni contraddittorie che Anna prova, inevitabilmente, anche contro la sua stessa volontà – e Tolstoj aveva descritto il tutto in maniera così magica da non crederci. Ma il miracolo vero e proprio l'ha fatto il regista, Joe Wright che ha deciso di non fare il solito film in costume ma ha osato: Anna Karenina si svolge, quasi interamente in un teatro in disuso – al quale si alternano scene all'aperto e scenografie che citano volutamente il carattere impressionista dei quadri di Monet. Un teatro che diventa la realtà entro la quale i personaggi vivono. Wright ha tradotto visivamente quella che era una società con un'identità poco chiara e che, verso la fine dell'800, guardava troppo all'occidente – nel film si nota poco, ma nel libro sono tantissimi i richiami alla società inglese ma, soprattutto, francese – e alle apparenze che dovevano essere mantenute a tutti i costi. Così ogni personaggio recita a sua volta, indossa la maschera che meglio si attenga alle regole di questo immenso palcoscenico che è la vita. L'aristocrazia è chiusa, claustrofobicamente, entro un universo che sta cadendo letteralmente a pezzi, e letteralmente a pezzi andrà la vita di Anna, uccisa da tutte quelle regole che coraggiosamente era riuscita a infrangere. Gli unici a salvarsi sono proprio Levin e Kitty che "escono" dal teatro per vivere la vita vera, quella all'aria aperta, della campagna e del duro lavoro e sacrificio. Il tutto straordinariamente accompagnato dalle musiche di Dario Marianelli – in profumo di Oscar – che, com'era già successo con Espiazione, riesce a trasformare suoni diegetici in musica e accompagna soavemente la storia con valzer e delicatezze musicali che, altro non sono se non i moti dell'animo .
(La recensione del film "
Anna Karenina" è di
Francesca Casella)
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