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recensione il
mistero di lovecraft
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L'americano Howard
Phillips Lovecraft,
morto nel 1937 a soli
46 anni, è
ritenuto lo scrittore
culto del ventesimo
secolo nel genere
horror e fantascientifico:
nei suoi scritti,
Lovecraft ha immaginato
entità mostruose
provenienti da abissi
acquatici e misteriose
località lagunari
e portuali infestate
da strani abitanti.
Tormentato da croniche
idiosincrasie e da
una povertà
che non gli ha dato
scampo, sembra che
non si sia mai allontanato
dal continente americano.
Ma nel 2002 casualmente,
all'interno di un
libro acquistato presso
un banco di antiquaria
a Montecatini, viene
trovata una lunga
lettera, firmata "Grandpa
Theo" (abitudine
epistolare di Lovecraft),
datata 1926. Il testo
del documento, ingiallito
e lacunoso, descrive
le tappe di un viaggio,
partito dagli Stati
Uniti e approdato
in Veneto, |
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attraverso
la regione
del
Polesine.
La lettera
contiene
anche
degli
strani
disegni
(che
rappresentano
mostruose
figure
a metà
tra
uomini
e animali
acquatici)
e appunti
che
sembrano
una
specie
di canovaccio
per
la successiva
stesura
di racconti
dell'orrore
(appunti
che
presentano
evidenti
richiami
ai Racconti
del
Filò
e alle
leggende
del
Polesine
stesso).
Ecco
che
allora
un gruppo
di documentaristi
decide
di |
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intraprendere
un vero e
proprio viaggio
di ricerca
nelle terre
del Delta
del Po: lo
scopo sarà
quello di
verificare
l'ipotesi
secondo la
quale Lovecraft,
al contrario
di quanto
noto ai suoi
storiografi,
avrebbe viaggiato
in Italia
nel 1926 traendo
ispirazione
dallo stesso
viaggio, e
dai Racconti
del Filò,
per la composizione
delle opere
che lo resero
famoso. La
premessa è
necessaria
per capire
di cosa stiamo
parlando e
di cosa abbiamo
visto. Sulla
scia di "The
Blair witch
project-Il
mistero della
strega di
Blair"
ecco un prodotto
italiano difficilmente
classificabile
(i registi
lo definiscono
"mockumentary",
ovvero un
documentario
nel quale
la realtà
e la finzione
si intrecciano
al punto da
non essere
in grado di
distinguerle
l'una dall'altra)
e di ignota
destinazione
(mi chiedo
a quale tipo
di pubblico
è destinato
e chi potrà
apprezzarlo).
L'idea è
di riprendere
una troupe
che gira un
documentario
e quindi tutto
deve dare
l'impressione
del vero e
del reale.
Ma il voler
dare a tutti
i costi tale
sensazione
porta i realizzatori
di questo
lavoro a un
qualcosa che
sa subito
di falso e
di artefatto.
Nel film americano
si immaginava
di mostrare
il resoconto
delle riprese
di tre videoamatori,
tre studenti.
e quindi la
pellicola
continuamente
smossa, le
immagini non
sempre a fuoco,
la macchina
da presa perennemente
traballante
avevano una
loro motivazione,
una loro...( segue) |
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