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recensione la
rosa bianca
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"La rosa bianca"
è una storia
di coraggio assoluto,
senza compromessi,
un coraggio incondizionato,
dal sapore quasi evangelico.
Siamo a Monaco, nel
1943: un anno che
vide cambiare le sorti
del secondo conflitto
bellico, a partire
appunto da quel febbraio
in cui si delineò
chiaramente la disfatta
delle truppe tedesche
sul fronte orientale,
con la grande sconfitta
nella battaglia di
Stalingrado. E questi
scenari internazionali
misero in secondo
piano una vicenda
minore, seppur significativa,
all’interno
dello stato dello
stesso Terzo Reich.
In quello stesso febbraio
alcuni studenti universitari,
riuniti sotto il segno
della Rosa bianca,
diedero vita a un
piccolo movimento
di opposizione al
regime nazista, una
minuscola fronda interna,
una resistenza fatta
di parole, di slogan
e di volantini. Guidati
da due fratelli, Sophie
e Hans Scholl, alcuni
gio- |
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vani
cominciarono
a diffondere
clandestinamente
voci
di protesta
e di
condanna,
in nome
di un
ideale
di pace
e di
rispetto
tra
i popoli,
chiedendo
la fine
dei
massacri
e degli
inutili
spargimenti
di sangue
tra
i soldati
al fronte:
a testimoniare
come
non
tutto
il popolo
tedesco
fosse
stato
contagiato
dalla
furia
assassina
di Hitler,
e come
tra
gli
stessi
studenti
dell’università
fosse
comunque
diffuso
un |
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malcontento,
seppur sopito
e tenuto a
freno dal
terrore e
dalla paura
di ritorsioni.
Marc Rothemund
si basa su
un fatto vero;
la sua ricerca
si è
incentrata
sulle interviste
ai figli e
ai parenti
dei protagonisti
reali dell’epoca,
e le sue analisi
hanno potuto
tenere conto
delle trascrizioni
degli interrogatori
della Gestapo
e dei verbali
del processo
che vide come
imputati i
fratelli Scholl
e altri loro
compagni:
documenti
che, dopo
la caduta
del Muro di
Berlino, sono
finalmente
potuti diventare
accessibili,
infrangendo
quella cortina
di silenzio
e di rimozione
che aveva
fino a quel
momento coperto
buona parte
delle atrocità
e delle nefandezze
del nazionalsocialismo.
E difatti
i dialoghi
e gli scambi
verbali costituiscono
la parte migliore
di questo
film: con
un piglio
quasi documentaristico,
con uno stile
scarno ma
efficace,
ci viene restituita
dall’oblio
del passato
questa drammatica
storia che
ha visto come
protagonista
una sola donna,
Sophie Scholl,
una ragazza
di poco più
di vent’anni,
interpretata
magnificamente
da Julia Jentsch.
La forza religiosa
e l’impressionante
carisma di
questa ragazza
si rispecchiano
specialmente
durante le
fasi dell’interrogatorio,
di fronte
all’inquisitore
del Reich:
le parole...( segue)
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