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ben
lontani dallo stereotipo
dell’eroe politicamente
corretto, tipico della
cinematografia a stelle
e strisce, i quali
contribuiscono a conferire
grande realismo alla
vicenda narrata, nonostante
l’irreale argomento
trattato. Il tutto,
impreziosito dal notevole
lavoro svolto dal
supervisore degli
effetti visivi Leigh
Took (Batman), il
quale ha affermato:
“Nel film abbiamo
usato matte painting
e miniature per creare
le caverne più
grandi. Lo scenografo
Simon Bowles e Neil
hanno preparato dei
progetti per gli ambienti,
il nostro gruppo ha
preso i primi disegni,
ne abbiamo fatti altri
e li abbiamo ingranditi.
La miniatura principale
è l’entrata
alle caverne da cui
le ragazze si calano
per entrare nel sistema
sotterraneo. E’
alta 3 metri e 65
e la struttura principale
è stata scolpita
nel polistirolo, poi
coperta da vari tipi
di polveri e pitture
per dare l’impressione
di una roccia porosa.
Abbiamo dipinto anche
alcune |
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parti con dello yogurt
naturale in modo che
ci crescessero sopra
delle colture simili
al muschio. Le matte
painting formano lo
sfondo dell’inquadratura.
Si tratta in sostanza
di immagini bi-dimensionali
create al computer
che possono essere
modificate per creare
vari effetti, come
per esempio una luce
che scintilla dietro
una roccia”.
In conclusione, valorizzando
un esile soggetto
da lui stesso scritto,
Marshall tenta di
ricordarci, tra inquietanti
ed irritanti urla
ed abbondanti spargimenti
di liquido rosso,
di evitare di infastidire
la natura, soprattutto
quella maggiormente
indisturbata, enfatizzando
in maniera sofferta
la disperazione umana
all’interno
di circa 99 minuti,
mai prevedibili, che
rendono pienamente
giustizia al sostantivo
paura, oltre ad offrire
la possibilità,
ad una nuova spaventosa
figura, di entrare
a far parte dell’immaginario
orrorifico collettivo:
crawler.
(di Francesco
Lomuscio)
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