LE ROSE DEL DESERTO
 
  Alla conferenza stampa di presentazione di Le rose del deserto quello che sorprende di più è la vitalità, l'intelligenza e la lucidità piena di ironia di Monicelli che a novant'anni suonati si è impegnato in un'impresa faticosa e rischiosa come girare un film nel bel mezzo del deserto, con tempeste di sabbia e difficoltà di ogni genere. Ci dice in proposito Michele Placido: "Già a 50 anni non ce la fai più perché è un mestiere difficile che richiede molta resistenza. Io penso con fatica alla realizzazione del prossimo film. Mario ha creato un'energia sul set, tra di noi, fantastica. Ci ha dato una grande lezione, in mezzo al deserto non aveva bisogno di niente, neanche dell'acqua, alla sera eravamo tutti esausti e incerti se fare qualcosa, lui appariva all'improvviso e diceva: "Ahò ma nun se và a magnà da qualche parte?". E Monicelli aggiunge: " Era una situazione difficile, tempeste di  
  sabbia, difficoltà di ogni tipo, ma la troupe si è divertita, si è creato un clima quasi da commilitoni; loro si divertivano, io un po' meno perché ero preoccupato. Il film ha trovato difficoltà nel trovare finanziatori e si è rischiato di non farlo; a riguardo Michele Placido dice con un po' di stizza: " È stato un film che avrebbe meritato qualche lira in più dai produttori che invece ci hanno creato difficoltà. Il film avrebbe potuto essere migliore se chi di dovere ci avesse dato più attenzione, visto anche che si trattava di Monicelli." Il regista, con più distacco commenta: "Non era un film facile da mettere in lavorazione. Comunque anche se non avessi potuto farlo... ne avevo già fatto 64..." Qualcuno chiede a Monicelli: "c'è la presenza della religiosità nel comportamento dei soldati. Qual è il suo punto di vista?" "Non era possibile ignorare il lato della religiosità in gente che andava in guerra a morire. Dunque il lato religioso c'è, ma in senso laico. E Placido chiede provocatoriamente: "Tu credi in Dio?" Monicelli: "Non ci penso nemmeno". Sono cambiati gli Italiani di oggi rispetto a quelli di allora? "Se sono cambiati lo sono in peggio; non per colpa loro, ma perché chi ci governa riduce tutto al lato economico dicendoci cosa e come dobbiamo comprare, trascurando il lato umano. L'economia è una iattura. Inoltre sono cambiati fisicamente. Nel mio film sono presenti molti attori non professionisti e quando ho dovuto sceglierli si presentavano giovani alti, belli e palestrati, dal fisico perfetto, che non corrispondevano affatto agli italiani di allora, piccoli e col culo basso. Ha trovato difficoltà a far recitare attori presi dalla strada? "No, perché gli uomini quando gli metti addosso una divisa si sentono a loro agio diventano attori perfetti. Proprio come le donne quando interpretano il ruolo di puttana". Lei è pacifista? "Io amo la pace ma non a tutti i costi. Quando Hitler voleva fare la guerra io pensavo che sarebbe stato un bene perché solo la guerra ci avrebbe liberato dal nazismo e dai fascisti." Ironia, impegno, comicità e dramma ottimamente dosati offrono un paio d'ore ben spese. I giovani registi italiani meditino. Chapeau Maestro. Le rose del deserto, prodotto coraggiosamente da Mauro Berardi sarà nelle sale italiane dal primo di dicembre con 230 copie. (Recensione di Claudio Montatori)



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