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le rose del deserto
recensione
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La commedia all'italiana
non funziona più?
È morta da
tempo? Se è
così Mario
Monicelli, maestro
del genere, l'ha resuscitata
con "Le rose
del deserto",
suo ultimo, difficoltoso,
riuscito lavoro, confezionando
una pellicola assai
godibile. La storia
si svolge nel deserto
libico, durante la
seconda guerra mondiale,
dove presso un'oasi
desolata si accampa
il Terzo reparto della
trentunesima Sezione
Sanità. L'aria
sembra essere più
quella di una vacanza
anziché quella
di un esercito in
guerra. Ufficiali
e truppa sono convinti
che resteranno lì
poco tempo e che presto
torneranno a casa,
subito dopo l'immancabile
vittoria della guerra
da parte delle truppe
dell'Asse. Questa
almeno è stata
la propaganda del
regime fascista che
li ha spediti nel
deserto. A comandare
il reparto è
il maggiore-medico
Stefano Strucci (un |
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bravissimo
Alessandro
Haber),
la cui
natura
lo spinge
a dedicarsi
più
a scrivere
lettere
d'amore
alla
giovane
moglie,
piene
di romanticherie
da poetastro
della
domenica,
che
a pensare
alla
guerra.
Gli
fa eco
il tenente-medico
Marcello
Salvi
(Giorgio
Pasotti,
bravo)
che
si è
arruolato
per
il gusto
di viaggiare
e che
passa
gran
parte
del
tempo
a far
fotografie,
neanche
si trovasse
in un
villaggio-vacanze
dei
nostri
giorni.
Il resto
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della
truppa si
comporta di
conseguenza
e i soldati
parlano di
femmine come
ne parlano
i soldati,
e sognano
di notti fiabesche
con le donne
arabe. Tutti
sembrano far
parte di un
gruppo di
scanzonati
boy- scout
piuttosto
che il Reparto
Sanità
di un esercito
invasore.
Nell'oasi
vive un frate
missionario
italiano (figura
centrale del
film), fra
Simone (Michele
Placido, imperdibile),
che ha messo
su una scuola
e cerca di
aiutare come
può
la popolazione
del luogo.
Uomo dai modi
bruschi, di
una religiosità
molto concreta,
pretende che
lo si aiuti
a curare uno
dei suoi ragazzi.
All'uopo viene
incaricato
il tenente
Salvi che
cura con successo
il ragazzo
e di lì
a poco dovrà
vedersela
con i malori
di Aisha (la
conturbante
Moran Atias,
unica presenza
femminile
del film),
nipote di
un notabile
del luogo.
L'impatto
con la realtà
della guerra
non tarderà
ad arrivare
con il suo
carico di
dolori e di
tragedie.
A cui si aggiunge
un farsesco
generale (Tatti
Sanguineti)
con la mania
dei cimiteri.
Il regista
si è
ispirato al
testo di Mario
Tobino, Il
deserto della
Libia, suo
amico e sodale
di un tempo,
che in Libia
c'era stato
per davvero...
( continua)
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film "le
rose del deserto"! |
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