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l'amico di famiglia
recensione
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Paolo Sorrentino (premio
Solinas 1997, premio
“Made in Italy
- Rai International”
nell’ambito
del premio Solinas
1999, quattro Nastri
d’Argento, cinque
David di Donatello,
cinque ciak d’oro,
per il film “Le
Conseguenze dell’Amore”,
in concorso al 57°
festival di Cannes,
più altri numerosi
premi), si ripropone
sugli schermi con
questo suo ultimo
lavoro cinematografico
presentato in concorso
alla selezione ufficiale
del festival di Cannes
di quest’anno.
Sorrentino definisce
questo film quasi
un triplo salto mortale.
Mai banale nella narrazione,
Paolo Sorrentino rasenta
come sempre forme
di virtuosismo narrativo,
avvalendosi di una
scrittura filmica
complessa, di inquadrature
statiche di luoghi
e di personaggi, ma
incisive nella forma
comunicativa. Così
questo film racconta
la storia di un uomo,
brutto, viscido, cattivo,
tirchio all’inverosimile,
di |
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nome
Jeremia
de ‘Geremei
(Giacomo
Rizzo),
che
fa l’usuraio.
Ancora
una
volta
Sorrentino
compie
un viaggio
“dentro
l’uomo”,
analizzando
le sue
miserie,
la sua
profonda
solitudine,
il dramma
umano
di un
essere
ossessivo,
malato
con
la vita.
Jeremia,
che
si fa
chiamare:
Jeremia
dal
“cuore
d’oro”,
usa
il potere
del
denaro
per
riscattare
una
sua
posizione
nei
rapporti
con
il mondo.
A lui
non
interessa
tanto
il denaro,
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quanto invece
tenere soggiogata
la gente che
gli si rivolge
per ogni genere
di prestito.
Una vita squallida,
vissuta insieme
alla madre
(Clara Bindi)
in una casa
fatiscente.
Jeremia quasi
gode di ogni
sorta di privazione
del necessario
ad una vita
dignitosa,
rasentando
la maschera
dell’orrido
come essere
umano. Giacomo
Rizzo è
straordinario
nella sua
parte. Il
personaggio
di Jeremia
è un
personaggio
compiuto nella
sua forma
artistica
e recitativa.
Ma la completezza
del significato
che Sorrentino
vuole rappresentare
con l’intero
film è
data dai luoghi
e dagli spazi
architettonici
essenziali,
privi di rumori,
di moltitudini
di persone,
di chiassi
cittadini.
L’ambientazione
così
schematizzata,
a tratti surreale,
è caricata
ad arte da
una colonna
sonora estremamente
curata, con
giochi di
musica elettronica
che danno
alle scene
forza e tensione
narrativa.
Il film gode
di una più
che buona
sceneggiatura
ed ottime
inquadrature
di scena,
e di una recitazione
che non fa
una grinza.
Il cast degli
attori nei
film di Sorrentino
è quasi
sempre anticonvenzionale,
particolare,
accoglie presenze
insolite.
A parte il
bravissimo
Giacomo Rizzo,
che, per Sorrentino,
è stato
l’attore
ispiratore
del personaggio
di Jeremia
(lo stesso
regista ha
affermato
che Jeremia
è stato
un personaggio
pensato proprio
sullo stesso
Rizzo) , bravo
Fabrizio Bentivoglio
nella parte
dell’amico-traditore
Gino, e brava
Laura Chiatti,
nella parte
della bella
ed ingannevole
Rosalba. Alla
fine il film
è un
intrigo di
personaggi
che si manifestano
miserevoli
nella loro
essenza di
esseri umani.
Jeremia è
il più
rappresentativo
di un’umanità
abietta, ma
è solo
il protagonista
di questa
commedia dove
giocano anime
altrettanto
squallide
che lui. Una
commedia (come
ama definire
questo film
lo stesso
regista),
che comunque
nella sua
carica di
amarezza emotiva,
più
di una volta
induce lo
spettatore
a sincere
ed anche rassicuranti
risate liberatorie.
(di Rosalinda
Gaudiano
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