L'ALBA DEI MORTI VIVENTI
 

- Recensione -

 
Sono trascorsi ormai trentasei anni da quando George A. Romero, ispirandosi a due classici della fantascienza come 'L’invasione degli ultracorpi' (1956) e 'L’ultimo uomo della Terra' (1964), realizzò il suo lungometraggio d’esordio: 'La notte dei morti viventi'. Nato come 'La notte dei divoratori di carne', e girato in bianco e nero per risparmiare sulle spese per la pellicola, il primo horror di Romero (che si firmò George Kramer per non far confondere il proprio film con una produzione iberica), che riscosse un enorme successo di pubblico, divenne ben presto un classico della storia del cinema, in quanto, oltre a mostrare per la prima volta morti viventi ghiotti di carne umana (fino ad allora gli zombies infatti non erano altro che persone schiavizzate, cadute in uno stato letargico a causa della somministrazione
 
 
di una potente droga), ed a generare una marea di imitazioni in tutto il mondo (ricordiamo su tutti il bellissimo 'Non si deve profanare il sonno dei morti' di Jorge Grau e la tetralogia sui 'Resuscitati ciechi' di Amando De Ossorio), affrontava un discorso politico e anti-razzista: l’eroe protagonista era un uomo di colore. La società viene sbranata da coloro che in vita vennero divorati dal consumismo, quindi, consumisti che cercano di contagiare tutti quelli  
che ancora non sono caduti nella trappola commerciale. E non fu sicuramente un caso che 'Zombi' (in originale 'Dawn of the dead'), seguito de 'La notte dei morti viventi', diretto sempre da George Romero dieci anni dopo, e prodotto dal nostro Dario Argento, venne ambientato all’interno di un grande centro commerciale, tempio del capitalismo, nonchè punto di riferimento per una civiltà “schiavizzata” dai consumi. I protagonisti di 'Zombi', asserragliati nel supermercato, ad un certo punto cominciano a rubare merce, anzichè pensare a come sconfiggere gli affamati resuscitati, che da fuori cercano di entrare. Anche 'Zombi', come il capostipite del 1968, generò un’infinità d’imitazioni, dall’ottimo seguito apocrifo 'Zombi 2' (1979), diretto dall’indimenticabile Lucio Fulci, al discutibile 'Virus-L’inferno dei morti viventi' (1980) di Bruno Mattei (ma firmato sotto lo pseudonimo Vincent Dawn), che della pellicola americana riciclò addirittura la colonna sonora ad opera dei Goblin di Claudio Simonetti. Dal canto suo, Romero, che nel frattempo aveva introdotto i suoi cari cadaveri viventi nella splendida antologia kinghiana cinematografica 'Creepshow' (1982), concluse provvisoriamente la trilogia sul capitalismo cannibale nel 1985, con 'Il giorno degli zombi', cui fecero seguito, tre anni dopo, anche un divertente 'Zombi 3', firmato da Fulci, ma diretto per lo più da Mattei, e l’horror d’azione 'After death-Oltre la morte', per la regia di Claudio Fragasso, conosciuto anche come
 
 
         
 
 

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