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'Zombi
4'. Oggi, a quasi
vent’anni di
distanza da 'Il giorno
degli zombi', ed a
tredici dal remake
de 'La notte dei morti
viventi', diretto
dal mago degli effetti
speciali Tom Savini
(che ne ha anche interpretato
lo pseudo-sequel 'Children
of the living dead'),
mentre Romero ancora
fatica a trovare i
finanziamenti per
realizzare 'Dead Reckoning',
quarto apocalittico
capitolo della saga,
nonostante l’interesse
di produttori e distributori
nei confronti del
genere sia tornato
di moda grazie al
sopravvalutato movie-game
'Resident evil', la
UIP lancia nelle sale
cinematografiche italiane
'L’alba dei
morti viventi', rilettura
di 'Zombi', esordio
alla regia del lungometraggio
per lo specialista
in spot pubblicitari
Zack Snyder. E’
una tranquilla mattina
come tante, nel Winsconsin,
quando Ana Clark,
nella sua casa, si
trova costretta a
fuggire perchè
scopre che un misterioso
flagello ha colpito
l’umanità,
trasformandola in
un affamato esercito
di zombies. Unitasi
all’agente di
polizia Kenneth, al
venditore di articoli
elettronici Michael,
al duro Andre e a
sua moglie incinta,
si rifugia in un centro
commerciale abbandonato
fuori città.
Già dal prologo,
l’esordio di
Snyder promette bene:
azione, violenza,
splatter ed effetti
speciali in abbondanza,
soprattutto di trucco,
ad opera del premio
Oscar David LeRoy
Andreson (Il professore
matto), come non se
ne vedevano più
dai gloriosi ed irripetibili
anni Ottanta, quando
la censura sembrava
accanirsi meno su
opere di questo genere,
ed una volta tanto
senza il continuo
uso della fin troppo
abusata computer grafica.
Infatti l’autore
ha dichiarato: “Non
volevo che questo
film diventasse il
solito guazzabuglio
di effetti digitali.
Fin dall’inizio
l’ho visto come
un film ricco di effetti
speciali di makeup”.
Il ritmo è
frenetico e la sceneggiatura,
come anche nell’originale
romeriano, poco conta,
infatti la pellicola,
nonostante lasci comunque
emergere le caratteristiche
psicologiche dei diversi
protagonisti, è
inte- |
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ramente
strutturata
su sequenze
violente e
movimentate,
abilmente
assemblate,
realizzate
con tecnica
notevole e
ricercata,
tra ralenti
e montaggio
ultra-frammentato,
in cui il
citazionismo,
al fine di
coinvolgere
i giovanissimi
spettatori
assetati di
sangue e frattaglie
su celluloide,
la fa da padrone.
Come possono
la fotografia
sgranata di
Matthew F.
Leonetti (Poltergeist)
e le immagini
velocizzate
non ricordare
quel '28 giorni
dopo' che
l’estate
scorsa ha
invaso le
sale cinematografiche
italiane?
Ed il morto
vivente che
compare sulla
locandina
vuole omaggiare
il posseduto
Ash de 'La
casa 2' o
i meno conosciuti
(almeno dalle
nostre parti)
zombificati
de 'La lunga
notte dell’orrore',
produzione
Hammer del
1966? Tra
motoseghe
che smembrano
corpi e colpi
di fucile
che fanno
esplodere
teste, i ca- |
daveri del nuovo
'Dawn of the
dead', dotati
dell’istinto
cieco dello
squalo, il cui
unico scopo
è sentire
l’odore
del sangue,
sono agili e
corrono, risultando
quindi ben più
spaventosi di
quelli catatonici
a cui il più
delle volte
il cinema ci
ha abituati,
e, oltre a ricordare,
proprio a causa
di questi elementi,
il succitato
'Zombi 3' di
Fulci e Mattei,
presentano un’iconografia
che ben poco
li fa distaccare
dai 'Demoni'
di Lamberto
Bava. Ma i rimandi
all’horror
made in Italy
non finiscono
qui, infatti,
mentre i titoli
di coda scorrono,
c’è
tempo anche
per omaggiare
il Ruggero Deodato
di 'Cannibal
holocaust'.
La critica al
consumismo,
a parte il finale
decisamente
più pessimista
e senza speranza,
rispetto a quello
dell’originale,
non aggiunge
nulla di nuovo,
ma Snyder attacca
intelligentemente
anche altri
miti, ovvero
Hollywood e
lo Star-system.
Infatti, in
una sequenza
che resterà
nella storia,
i protagonisti
si divertono
a giocare al
tiro a segno
sparando agli
zombies che
presentano somiglianze
con volti celebri
del cinema,
quasi a voler
simboleggiare
una rivalsa
dei b-movies
sulle major.
A questo punto
ci sembra opportuno
citare un’affermazione
del produttore
Richard P. Rubinstein:
“Credo
che il successo
del film di
Romero sia dovuto
al fatto che
era stato scritto,
diretto e prodotto
al di fuori
del sistema
delle major
hollywoodiane.
Pensavo che
se qualcuno
avesse realizzato
un remake del
film col supporto
di uno di questi
grandi studios,
il risultato
sarebbe stato
un prodotto
quanto meno
edulcorato,
addomesticato”.
Gustosi i diversi
cameo dei protagonisti
dell’originale,
Tom Savini,
nei panni di
uno sceriffo,
Scott Reiniger,
in quelli di
un generale,
e, soprattutto,
Ken Foree, che,
interpretando
un sacerdote,
pronuncia la
frase mitica
che lanciò
il film del
‘78: “Quando
non ci sarà
più posto
all’inferno,
i morti cammineranno
sulla Terra”.
In conclusione,
il nuovo Zombi,
se da un lato
ci ha pienamente
divertiti, spaventati
ed intrattenuti,
per tutta la
sua durata,
grazie alla
regia da videoclip
di Snyder, ed
a quella voglia
dissacrante
e trasgressiva
di evadere dai
ristretti schemi
del moderno
cinema horror,
dall’altra
ci ha ricordato
ben poco quello
del ’78.
Definirlo un
remake ci sembra
fin troppo azzardato,
in quanto, oltre
ad essere decisamente
meno pretenzioso
del capostipite,
non rilegge
nessuna delle
sue sequenze
storiche. In
fin dei conti,
si è
trattato soltanto
di un pretesto
per poter rinnovare
l’ormai
da troppi anni
abbandonato
mito del non
morto, attraverso
una pellicola
che, prendendo
le mosse da
quella di Romero,
potesse avvicinare
al genere le
nuove generazioni,
con uno stile
di regia tutto
moderno. Non
a caso, il produttore
Eric Newman
ha dichiarato:
“Da parte
nostra, abbiamo
visto in questo
progetto la
possibilità
di reinventare
un genere in
grado di attrarre
un pubblico
nuovo”.
(di Francesco
Lomuscio) |
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