ispirazione dinnanzi al “Genio”??? Da notare il piccolo ruolo per Harrison Ford nei panni –ironicamente - del colonnello Lucas (!!!). Siamo nel Vietnam e ci troviamo catapultati in un allegorico, visionario e definitivo ultimo viaggio verso l’incubo, che fin dal titolo nega la parola d’ordine della rivoluzione pacifista dei figli dei fiori e pro-

 
 
  clama amaramente la fine (è THE END dei Doors ad aprire il film) di ogni illusione. Che dire poi del finale aperto (o dei finali. Si pensa ne esistano tre versioni) che trasformano il film in un infinito laboratorio di specchi con cui lo spettatore può giocare fino a farsi male. Quesiti senza risposta o forse l’unica possibile. La morte. E’ giusto sacrificare bambini, donne, uomini (anche se innocenti) per la patria? Sentirsi onnipotente può far perdere di vista il lato umano
 
 
a favore di quello “oscuro” sacrificando una parte di sè? Il Vietnam è un incubo, crudele e grottesco. La morte è l’unica salvezza concessa agli orrori di quella realtà che sfugge ad ogni logica. Chè la guerra è guerra e tutto è concesso per un fine che non conosce pietà. Può però un uomo accantonare la propria morale a favore di un nichilismo tradotto che si fa scempio incontrollato? Sacrificio necessario che sfocia in una consapevole follia? Domande e risposte che il colonnello Kurts pone a Willard come fosse il suo doppio e non il carnefice da ammaliare. Due facce della stessa medaglia. Kurtz cerca la morte e consegna al capitano Willard la chiave della sua redenzione. Un Willard che, come si trovasse in un girone dell’inferno dantesco, scende nell’abisso più spaventoso, quello della sua anima, divorata dai suoi demoni interiori. La salvezza la troverà (??) nella morte di colui che rappresenta l’insana follia della guerra stessa, incarnata nella diabolica figura del colonnello Kurtz. La complessità di questo Capolavoro è ancora oggi insuperabile grazie anche alla fotografia di un Vittorio Storaro che trasforma le immagini in acidi colori che attanagliano la mente. Un “trip” che in un crescendo emotivo ci immerge negli abissi più profondi della mente umana. Tagli di luce e ombre che accompagnano in ogni scena il senso di un dramma imminente. Angoscia, frustrazione e un senso di impotenza dinnanzi ad una guerra che trasforma gli uomini in burattini senza mente. Tragicamente sacrificati in nome del proprio paese. E il Napalm a farlo da padrone come fosse la frusta che sprona i propri cavalli di razza, fino anche a sacrificarli. E’ giusto? Sbagliato? Coppola ci indica una strada ma non ne fa morale. Possiamo essere Kurtz o Willard. A noi la scelta. A noi portare il fardello della coscienza che meno ci pesa. Non esiste una morale in guerra. Non esistono azioni giuste o sbagliate. Esistono le scelte e lì chiunque è stato costretto a farle. Questo è il concetto che Coppola sottolinea e rimarca in ogni sequenza fino all’epilogo finale. Per tutto ciò che è stato detto ed analizzato “APOCALYPSE NOW” rimane e rimarrà un CAPOLAVORO insuperabile.

Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.
(di Alessandro Marangio)


 
 
- Riepilogo
 
     

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2005. Tutti i diritti sono riservati.