a favore
di quello “oscuro”
sacrificando una parte di sè?
Il Vietnam è un incubo,
crudele e grottesco. La morte
è l’unica salvezza
concessa agli orrori di quella
realtà che sfugge ad
ogni logica. Chè la guerra
è guerra e tutto è
concesso per un fine che non
conosce pietà. Può
però un uomo accantonare
la propria morale a favore di
un nichilismo tradotto che si
fa scempio incontrollato? Sacrificio
necessario che sfocia in una
consapevole follia? Domande
e risposte che il colonnello
Kurts pone a Willard come fosse
il suo doppio e non il carnefice
da ammaliare. Due facce della
stessa medaglia. Kurtz cerca
la morte e consegna al capitano
Willard la chiave della sua
redenzione. Un Willard che,
come si trovasse in un girone
dell’inferno dantesco,
scende nell’abisso più
spaventoso, quello della sua
anima, divorata dai suoi demoni
interiori. La salvezza la troverà
(??) nella morte di colui che
rappresenta l’insana follia
della guerra stessa, incarnata
nella diabolica figura del colonnello
Kurtz. La complessità
di questo Capolavoro è
ancora oggi insuperabile grazie
anche alla fotografia di un
Vittorio Storaro che trasforma
le immagini in acidi colori
che attanagliano la mente. Un
“trip” che in un
crescendo emotivo ci immerge
negli abissi più profondi
della mente umana. Tagli di
luce e ombre che accompagnano
in ogni scena il senso di un
dramma imminente. Angoscia,
frustrazione e un senso di impotenza
dinnanzi ad una guerra che trasforma
gli uomini in burattini senza
mente. Tragicamente sacrificati
in nome del proprio paese. E
il Napalm a farlo da padrone
come fosse la frusta che sprona
i propri cavalli di razza, fino
anche a sacrificarli. E’
giusto? Sbagliato? Coppola ci
indica una strada ma non ne
fa morale. Possiamo essere Kurtz
o Willard. A noi la scelta.
A noi portare il fardello della
coscienza che meno ci pesa.
Non esiste una morale in guerra.
Non esistono azioni giuste o
sbagliate. Esistono le scelte
e lì chiunque è
stato costretto a farle. Questo
è il concetto che Coppola
sottolinea e rimarca in ogni
sequenza fino all’epilogo
finale. Per tutto ciò
che è stato detto ed
analizzato “APOCALYPSE
NOW” rimane e rimarrà
un CAPOLAVORO insuperabile.
Lo era
IERI,
lo è
OGGI
e lo sarà
DOMANI.
(di Alessandro Marangio)