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APOCALYPSE
NOW |
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Scopo di
questa rubrica è analizzare i
grandi CAPOLAVORI del
'900 e quindi di IERI. Contestualizzarli
ad OGGI per capire se la prova del TEMPO
li ha resi ETERNI o superati. Verranno
presi in esame solo opere che all'epoca
venivano considerati CAPOLAVORI
per capire, analizzando il contenuto
e la forma, gli aspetti che li hanno
resi tali da essere, circoscritti al
loro TEMPO per ovvi motivi sociali o,
ETERNI anche OGGI e DOMANI. |
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Premessa
necessaria. Nel 2001 è stata
riproposta l’opera di Coppola
con il titolo “Apocalypse
Now Redux”, con l’aggiunta
di un’ora in più (presa
da scene tagliate), un nuovo montaggio
e un finale diverso. Qui parleremo
del film originale, quello che tutti
noi abbiamo visto nelle sale nel
lontano 1979. “Saigon, merda!
Sono ancora soltanto a Saigon. Ogni
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volta penso che mi risveglierò
di nuovo nella giungla”. Apocalypse
Now, nasce da un progetto scritto da
John Milius ("Un mercoledì
da Leoni") e George Lucas (Il papà
di Star Wars). L’opera è
fondamentalmente il viaggio iniziatico
di un giovane ufficiale che deve distruggere
il regno della follia di un “onnipotente”
dittatore. Utilizzando la struttura
narrativa di “Cuore di Tenebra",
Coppola e il suo co-sceneggiatore John
Milius trasportano l’azione dall’Africa
ottocentesca alla “sporca guerra”
per antonomasia del Vietnam. E’
lo stesso Coppola a suggerire come struttura
portante il romanzo di Conrad. Il film
si presenta così - in un crescendo
di sequenze - visionario, eccessivo,
fino a catapultare lo spettatore al
centro di un vero e proprio incubo ad
occhi aperti senza una via d’uscita
(neanche nel finale). Questo Capolavoro
ha superato la prova del tempo? Si può
definire Eterno? La risposta è
sì e di seguito ne analizzeremo
i motivi. "Apocalypse Now",
come ebbe modo di dire lo stesso regista,
non è “un film sul Vietnam.
E’ il Vietnam”. E definirlo
un film di guerra sarebbe assai riduttivo.
Opera filosofica? Sì. Un film
che scruta la |
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natura più nascosta dell’uomo?
Sì. Coppola ha decisamente
puntato in alto ed è riuscito
nell’intento di consegnare
a tutti noi un manifesto di ineguagliabile
bellezza, che dopo più
di vent’anni mantiene intatto
il fascino dell’opera assurta
a Capolavoro. Lo straordinario
apologo sulla follia del potere
che logora la mente ma apre nuovi
spiragli a crudeli realtà
(filosofeggiate magistralmente
nell’ombra dalla gigantesca
figura del |
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colonnello Kurtz. Un “apocalittico”
Marlon Brando). Personaggi affilati
come lame di rasoio. Icone indimenticabili:
il folle colonnello Kilgore –
impassibile cowboy -appassionato di
surf - al centro di un bombardamento
come stesse assistendo a dei fuochi
d’artificio - interpretato da
un eccezionale Robert Duvall. Il capitano
Willard (M. Sheen) - inviato in Cambogia
con il delicato compito di uccidere
il Colonnello Kurtz - il cui viaggio
iniziatico lo porterà sull’orlo
della pazzia e dell’incertezza
morale, su ciò che è bene
o male e per chi. Il colonnello Kurtz
(M. Brando) che fa del suo monologo
finale (una serie di citazioni letterarie)
un testamento da consegnare alla storia.
Questo Capolavoro si può definire
un vero e proprio attraversamento di
una “linea d’ombra”,
di proporzioni epiche nonché
spartiacque fra il cinema anni settanta,
specchio di impegno politico e utopiche
libertà, e quello degli anni
ottanta, figlio della disillusione e
del ripiegamento di una sterile spettacolarità.
Sarebbe però riduttivo racchiudere
in due righe la complessità narrativa
di un film che ha regalato a tutti noi
sequenze indimenticabili (i sei minuti
di danza macabra al suono della “Cavalcata
delle Walkirie”), battute geniali
( “Il Vietnam è come Disneyland)
e personaggi da leggenda (l’oscuro
e “divino” Marlon Brando,
unico ed inimitabile signore della forza…non
il Manichino Nero sfigurato di Star
Wars)… che Lucas abbia avuto una
sorta di mistica...(continua) |
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