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TOTO',
PEPPINO E LA.. MALAFEMMINA |
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Scopo di
questa rubrica è analizzare i
grandi CAPOLAVORI del
'900 e quindi di IERI. Contestualizzarli
ad OGGI per capire se la prova del TEMPO
li ha resi ETERNI o superati. Verranno
presi in esame solo opere che all'epoca
venivano considerati CAPOLAVORI
per capire, analizzando il contenuto
e la forma, gli aspetti che li hanno
resi tali da essere, circoscritti al
loro TEMPO per ovvi motivi sociali o,
ETERNI anche OGGI e DOMANI. |
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Una
lettera per la signora Lucia: “
Vostro figlio invece di studiare
si perde con donne di malaffare.
Un’amica.” Il messaggio
anonimo, recapitato a Borgata Tre
Pini, infrange il consueto e serenamente
rumoroso contesto della vita dei
fratelli Caponi, possessori di una
discreta tenuta in località
Colizzi. Il giovane menzionato nella
missiva è Gianni, studente
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all’ultimo anno di medicina a
Napoli, orgoglio di mamma Lucia e degli
zii Peppino e Antonio. La donna di malaffare
trattasi di Marisa Florian, ballerina
e cantante di teatro, conosciuta una
sera dal ragazzo e scoperta mentre usciva
furtiva di casa dalla figlia degli ospiti,
una tredicenne strabica e invidiosa...
l’amica della lettera, per intendersi.
Il film di Mastrocinque è un
capolavoro di comicità, senz’altro
per merito degli attori e decisamente
in minor grado per le qualità
del regista, comunque abile nel sostenere
lo straordinario concerto di interpretazioni,
lasciando libertà di azione e
d’inventiva ai due principali
artisti. La storia, tutto sommato semplice
e persino banale diviene nelle mani
di Totò e Peppino De Filippo
uno splendore di arguzia e di equivocità,
restando sospesa, nel corso della narrazione,
tra l’umorismo intelligente e
il continuo fraintendimento, elementi
strettamente dipendenti nel risultato.
Antonio determina il ruolo che solitamente
impersona il Principe De Curtis, quello |
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per cui i napoletani avrebbero
una definizione verbale decisamente
calzante, impossibile però
da riproporre sulla pagina scritta;
ironico, ingannatore, petulante,
esageratamente insistente nella
propria insopportabile provocazione,
si diverte nel raggirare senza
ritegno, facendo un uso smodato
e vantaggioso della parola, sfruttata,
cambiata, traslata, capovolta,
sino a infondere nella vittima
di turno uno sconforto e una resa |
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incondizionata. Peppino rappresenta
la preda preferita, facile da irretire
e confondere, soprattutto riguardo alle
questioni finanziarie; provvisto pure
della frase di rito “ho detto
tutto” è il personaggio
inquadrato nella parte dell’oculato
possidente, attento a non sborsare un
centesimo in più del dovuto e,
se riesce, anche di meno. Non solo,
Antonio, consapevole del ferreo nascondiglio
monetario del fratello, ha creato un
ulteriore, personale, ingresso per accedervi
(ovviamente senza la diretta conoscenza
e l’eventuale, sicuramente negato,
consenso), ma risulta addirittura capace
nel convincere il parsimonioso Peppino
delle irrazionali, palesemente contraddittorie,
spiegazioni che gli fornisce in ambito
economico: l’interpretazione dell’inflazione,
pena la conseguente perdita di valore
del denaro ha il sapore della beffa
svelata, eppure dotata di una certa,
innegabile, logica (dell’assurdo,
naturalmente). In mezzo alle ricche
invenzioni comiche, ve ne sono tre che
costituiscono il crisma del film e che
rispondono all’esigenza di ogni
buona pellicola di genere pertinente
alla commedia, al fine di acquisire
quel surplus di genialità tale
da fregiarla dell’eccellenza.
Innanzitutto la scena della stesura
della lettera alla malafemmina: “Signorina...(continua) |
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