angoscia, suggestioni apparentemente escluse alla superficiale vista degli allestimenti rigorosi e disciplinati, in spazi ritmati dalla freddezza e dal controllo. Numerosi sono poi i riferimenti che si possono stabilire tra una scena e un quadro, tra un'immagine e un dipinto. La scena iniziale, nella quale Maria è colta nel sonno, ricorda

 
 
  l'atteggiamento composto e sereno del defunto Marat di Jacques Louis David. Gli splendidi paesaggi catturati dalla macchina da presa richiamano i lugubri panorami del romantico Caspar David Friedrich, abile esecutore di impressioni emotive, attraverso scenari offuscati dalla nebbia e dalla decadenza. Le figure delle donne rispondono alla mano di Jean-Auguste-Dominique Ingres, attento a riprodurre le morbide forme e la vellutata pelle; Karin è
 
 
presa nuda, alle spalle, come nel Bagno Turco e nella Bagnante di Valpiçon; ma è soprattutto Anna ad assecondare la lieve pennellata dell'artista francese, geniale interprete della bellezza femminile; la governante rimanda anche ai floridi profili della Lattaia di Johannes Vermeer e ai tratti sinceri ed esuberanti delle contadine di Honoré Daumier. Riguardo, invece, al colore preminente, il rosso, lo si ritrova in diversi pittori: La Stanza Rossa di Henri Matisse sembra il bozzetto preparato per il film, tanto simile si rivela il risultato tonale. Van Gogh dipinge di rosso le pareti del suo Caffè di Notte, donando un forte contrasto con l'illuminazione circostante. La Lotta di Giacobbe con l'angelo, di Paul Gauguin è forse il quadro più vicino all'espressività della pellicola: il campo di combattimento è rosso fuoco, mentre le donne bretoni in primo piano, presentano copricapi bianchi e abiti neri, condensando in un'unica immagine la triade cromatica di Bergman. E per concludere, sarà un piacere immenso rileggere il dialogo tra il dottore e Maria, vetta inarrivabile di comunicazione linguistica, ulteriore prova di eccellenza per un'opera che ritrae uno dei capolavori irrinunciabili della cinematografia mondiale: "Vieni qui, Maria, vieni. Guardati allo specchio. Sei bella. Sei forse anche più bella di allora; ma sei tanto cambiata. Vorrei che vedessi quanto sei cambiata. I tuoi occhi hanno sguardi rapidi e sfuggenti. Un tempo guardavi tutto e tutti apertamente, senza crearti una maschera. La tua bocca ha assunto un'espressione insoddisfatta, famelica; prima era così dolce. Il tuo viso è pallido, la pelle incolore; sei costretta a truccarti. La tua bella fronte, alta e spaziosa, ha quattro rughe sopra ogni sopracciglio. Non riesci a vederle con questa luce, ma risaltano chiare di giorno. Lo sai da dove ti vengono queste rughe?" "No" "Dalla tua indifferenza, Maria. E questa lieve curva, che va dall'orecchio alla punta del mento, non è nitida come un tempo. Questo significa che sei superficiale e indolente. E lì, alla radice del naso, ora c'è tanto sarcasmo. Maria, riesci a vederlo? Ce'è troppo sarcasmo, troppo scherno. E sotto ai tuoi occhi inquieti, mille rughe impietose, secche, quasi inavvertibili, di noia e di impazienza" " Sul serio vedi queste cose sul mio viso?" " No, ma le vedo ogni volta che mi baci" "E ogni volta che rispondi ai miei baci, io so dove le vedi" "Sì, le vedo su di te" "Le vedi in te stesso, perché noi siamo uguali".


Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.
(di Francesca Lenzi)


 
 
- Riepilogo
 
 




 

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