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SUSSURRI E GRIDA |
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Scopo di
questa rubrica è analizzare i
grandi CAPOLAVORI del
'900 e quindi di IERI. Contestualizzarli
ad OGGI per capire se la prova del TEMPO
li ha resi ETERNI o superati. Verranno
presi in esame solo opere che all'epoca
venivano considerati CAPOLAVORI
per capire, analizzando il contenuto
e la forma, gli aspetti che li hanno
resi tali da essere, circoscritti al
loro TEMPO per ovvi motivi sociali o,
ETERNI anche OGGI e DOMANI. |
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Il rintocco degli orologi scandisce un tempo insensato, sospeso nell'immobilità dello spazio. I periodi sono istanti bloccati, momenti ripetuti ciclicamente, come un ottuso carillon rotto. Presente e passato acquisiscono un nuovo senso, in ragione del principio animistico che governa un flusso irreale, intima espressione dell'essere. Inizi del '900,
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Stoccolma. Agnese, vicina alla morte, è circondata dalla presenza di Anna, la governante, e delle sorelle, Maria e Karin. Il lento e feroce
decorso della malattia rivela una palpabile emanazione del dolore, concepito come elemento guida all'interno del racconto; la sofferenza non si riferisce solo al tormento fisico di Agnese, ma invade, più subdolamente, le figure delle altre donne. Sussurri e Grida costituisce uno dei vertici della filmografia di Ingmar Bergman, un'opera spietata, uno sguardo lucido sull'umano, rappresentato come una creatura, al tempo stesso, fragile e crudele, innocente e colpevole, limpida e straziata. Se
Agnese raffigura l'individuo maggiormente debilitato, afflitto da un'inesorabile patologia, incensa però il proprio martirio di una quiete d'animo sorprendente, ottenendo di riconoscere nei semplici gesti, nelle circostanze elementari, la pace interiore. All'opposto, le tre donne che le sono vicino,
mostrano l'inconsistenza di una forza che, in verità, non |
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possiedono. Maria, bella e luminosa, nasconde un vuoto inquietante, restando indifferente alla pena del marito e al crudo giudizio dell'amante, vincendo le resistenze della sorella, per poi abbandonarla ad una solitudine più intensa e drammatica. Karin, dietro la maschera di austerità e freddezza, scopre un'instabilità disarmante;è riluttante al contatto, introversa sino al mutismo, disperata tanto da ferire il proprio corpo, masturbandosi con un |
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pezzo di vetro, quale estremo tentativo di invocare un soccorso non previsto. Anna, l'unica davvero affezionata ad Agnese, riesce a instaurare con lei un legame tenace, quasi materno, arrivando ad offrirle il florido seno (in una delle sequenze più liriche), attraverso uno scambio di ruoli, dalla figlia avida dell'amore materno, alla genitrice, spogliata del sentimento dalla morte della propria bambina. Sussurri e Grida sono i due aspetti del dolore, ora contestato dal silenzio, ora urlato tra gli spasmi, ora lasciato intendere da uno sguardo arcano, ora schiaffeggiato con un bicchiere infranto. Il film di Bergman possiede un respiro pittorico, pervaso tutto da una straordinaria incidenza visiva che ne traccia lineamenti e carattere, apparenze ed emozioni. L'uso del colore non è mai stato così pertinente, per mezzo di tre tonalità principali: bianco, nero e rosso. Il bianco della verginità e dell'innocenza, è affidato alle vesti delle donne e alle lenzuola della malata; ma se Agnese ne mantiene costantemente la nitidezza, Maria e Karin sostituiscono in
seguito il candore con vesti di tinte più scure, allegoria dei segreti venuti alla luce. Il nero rappresenta il lutto, la morte, e trova la massima evidenza nel buio della notte in cui Agnese sta male, e nello scheletro del letto. Il rosso, infine, cromatismo per eccellenza, inonda gli ambienti:
pareti, poltrone, sedie, tende, coperte; il rosso, che per l'autore svedese comunica l'interno dell'anima. Colori accesi, vigorosi, definitivi, tali da trasmettere passione, impeto, partecipazione e...(continua) |
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