SCARFACE  
  Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi CAPOLAVORI del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per capire se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno presi in esame solo opere che all'epoca venivano considerati CAPOLAVORI per capire, analizzando il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere, circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali o, ETERNI anche OGGI e DOMANI.  
 

"Vogliamo descrivere la storia della famiglia di Al Capone come se fossero i Borgia di Chicago", disse Howard Hawks quando decise di realizzare "Scarface", il film che, insieme a "Piccolo Cesare" di LeRoy e "Nemico Pubblico" inaugurò un filone redditizio e popolare come quello dei Gangsters-Movie, ma infondendo dalla sua la forte innovazione cinema-

 
  tografica e anticlassica di Hawks e del suo cinema. Non solo i Borgia, quindi, ma anche una figura "Principesca" e comunque antitetica al Male che lo rappresenta, quasi vicina a certe pagine del nostro Macchiavelli. Le variazioni dello script aggiungono molto a un film che non è forse il classico film di Gangsters tipico dell'epoca, per quanto sia pervaso da un senso opprimente e quasi inesorabile di morte (verrebbe da dire "tipica dei western" e non a caso per Hawks che è stato, tra i tanti generi che ha esplorato, uno dei più grandi registi di western della storia del cinema). Rispetto ai parametri e alla storia, il Capone di Paul Muni non viene arrestato per evasione fiscale, sciorina tutta la sua crudeltà e megalomania, ha una passione quasi incestuosa per la sorella ("Tu ed io siamo una sola cosa" le dice lei alla fine) e, ovviamente, vive oltre ogni tipo di licenza morale. Massacrato dalla Censura dell'epoca, cfr. il Codice Hays, che ne ritardò di due anni l'uscita imponendo un sottotitolo moralistico ("Shame of a Nation"), il film è un vero capolavoro del genere, cui contribuisce la performance gigantesca di Paul Muni  
 
alias Scarface lo Sfregiato (segni particolari un segno sulla guancia sinistra), ora malefico ora beffardamente glamour, dotato di un fascino cool che non è affatto invecchiato, anzi. Per certi versi tutti i gangsters movie recenti devono qualcosa a questo film, in particolare "Goodfellas" di Scorsese, sull'ascesa nella mafia americana di un "picciotto" (Liotta). Tutti sanno quanto Scorsese o Lynch siano registi contemporanei  
 
  particolarmente sensibili al cinema di Huston, di Welles, e di Hawks in particolare. Il primo fotogramma di "Scarface" è in realtà un piano-sequenza già entrato nella storia del Cinema: L'Uomo che sta per essere ucciso è Big Louis e non si rende conto che qualcuno è entrato nella stanza. Dissolvenza, fasci di luce, e dopo pochi attimi si intravvede l'immagine di Muni mentre, fischiettando un tema ricorrente (come farà spesso durante le sue imprese) uccide l'uomo e si allontana. Lo spettatore ha la sensazione che non sia davvero lui l'Assassino, ma in realtà questo imput emotivo serve ad Hawks per caratterizzare l'intero film. E il film analizza da una parte la vita e le imprese di Tony Lamonte con il suo seguìto di amici fidati e non, di nemici giurati (Tom Garfrey) e amori più o meno platonici (Lovo), ma anche il mondo della Stampa con le sue discusse agiografie, o la Polizia nelle vesti dell'ineffabile Ispettore Guarino. Le azioni drammatiche, i pestaggi, gli omicidi e gli attentati avvengono ripetutamente come l'Emblema della Normalità negli anni dei Proibizionismo e nella Chicago degli anni Venti dove è ambientato il film. In un certo senso il film anticipa, con la sua abilità tecnica (cfr. su tutti, la brevissima ma molto efficace descrizione del Massacro di San Valentino) un film apparentemente molto diverso e probabilmente ancora più innovativo come...(continua)  

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