firma una pellicola praticamente perfetta sotto ogni punto di vista, compresa la composizione del racconto suddiviso in capitoli, non necessariamente ordinati in maniera cronologica. Scelta che ricorda intensamente, nonostante una profonda differenza (di contenuto e di lessico), Rapina a mano armata di Stanley Kubrick,

 
 
  scandita dalla combinazione ad incastro degli eventi, seguiti di volta in volta attraverso una differente visuale. Pulp Fiction è il risultato dell’esibizione concertata dei protagonisti, meritevoli, tutti, dello stesso peso specifico all’interno della storia, abili nel dare al proprio ruolo una personale e favolosa parte, così da creare un’atmosfera di sfavillante inventiva e capacità interpretativa, nella quale ogni figura riempie lo schermo al mas-
 
 
simo volume, senza apparire esagerato ed invasivo nei confronti degli altri. Allora perchè non valutare come una forma di metafora la valigetta dal contenuto misterioso eppure abbacinante, immagine traslata del film capolavoro di Tarantino, complicato, indecifrabile, bellissimo, indimenticabile? Finiti i titoli di coda, assaporando la stupenda musica, sembra ancora di sentire la voce affranta, ma fiera, di Marsellus pronunciare l’aria di addio, simbolo della grandezza già divenuta mito: “No, amico. Mai stato così lontano dallo stare bene”.


Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.
(di Francesca Lenzi)


 
 
- Riepilogo
 
 




 

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