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come se non fossero minimamente
consapevoli della loro inquietudine.
I critici dell'epoca non furono
molto teneri con Psyco, rimproverando
a Hitchcock di aver vanificato
(e "quasi" per sempre,
si pensi agli altrettanto eloquenti
"Gli uccelli", "Marnie"
e "Frenzy") l'elusione
a favore del (forte) impatto
visivo della violenza (non è
un mistero per nessuno che l'assassinio
di Marion nella doccia sia una
tra le più feroci sequenze
del cinema, anzi qualcuno ci
ha visto pure - e a ragione
- un antisegnano degli splatter-movie).
I fans di Hitchcock troveranno
invece diverse affinità
tra Bates e gli spietati psicopatici
di altri suoi film (uno su tutti,
Robert Walker in "Delitto
per delitto", anch'esso
morbosamente attaccato alla
figura materna), in un certo
senso dolorosamente autobiografici
(cfr. il pessimo rapporto
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di Hitch con la propria madre
viene rivisitato spesso da figure
materni opprimenti e tiranniche).
La notevole performance di Anthony
Perkins nei panni di Norman
Bates constò all'attore
un'assai proficua frequentazione
di analisti, e, oltretutto,
una carriera di personaggi mentalmente
disturbati da cui non è
mai riuscito a sottrarsi (su
tutti, "Fool killer").
Il successo del film decretò
anche l'inarrestabile influenza
del personaggio di Bates, "tributato"
dallo stesso attore in altri
tre film (di cui uno diretto
dallo stesso P.) oltre vent'anni
dopo. All'epoca della sua uscita,
Psyco ebbe un successo straordinario
che rivive ancora oggi (il Motel
di Bates negli studi della Universal
è oggetto di visita da
parte degli ammiratori di tutto
il mondo), e in un certo senso
è facile accostarlo al
contemporaneo ma meno fortunato
capolavoro dell'inglese Micheal
Powell, "L'occhio che uccide",
uscito lo stesso anno, anch'esso
tradizionalmente inteso come
una rivisitazione moderna dell'inquietante
dualità umana. Del resto,
lo scrittore Henry James, quando
scrisse "Il giro di vite",
affrontava un secolo prima gli
stessi temi. Oggi Psyco ci appare
come un film determinante e
ancora innovativo, capace di
rendere complice lo spettatore
di una realtà tangibile
(il tema della sessualità
repressa di Bates, per esempio,
che sconfina nell'ambiguità)
e di una classicità che
aderisce sì agli stereotipi,
ma sovvertendoli a |
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