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MONSIEUR
VERDOUX |
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Scopo di
questa rubrica è analizzare i
grandi CAPOLAVORI del
'900 e quindi di IERI. Contestualizzarli
ad OGGI per capire se la prova del TEMPO
li ha resi ETERNI o superati. Verranno
presi in esame solo opere che all'epoca
venivano considerati CAPOLAVORI
per capire, analizzando il contenuto
e la forma, gli aspetti che li hanno
resi tali da essere, circoscritti al
loro TEMPO per ovvi motivi sociali o,
ETERNI anche OGGI e DOMANI. |
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“Buonasera.
Permettete che mi presenti: Henry
Verdoux, defunto, ma onesto impiegato
di banca. Per essere più
esatti, onesto impiegato fino alla
crisi economica del 1930, che mi
lasciò, improvvisamente,
disoccupato. Fu allora che cominciai
a specializzarmi nella liquidazione…
di distinte signore. Un lavoro,
vi assicuro, strettamente commerciale,
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impiantato per mantenere la famiglia.
Mi si lasci dire, però, che il
mestiere di Barbablù è
tutt’altro che redditizio; e,
che per imbarcarsi in simile impresa,
bisogna essere dotati del più
candido ottimismo. Come me, purtroppo.
Ed ecco la storia.” Henry Verdoux
è un omino elegante, negli abiti
come nel comportamento, galante e loquace
ai limiti della leziosità e della
logorrea. Insolentemente, offre saggio
dell’ invidiabile arte del corteggiamento,
qualità in lui esageratamente
spiccata; prodigo di adulazioni, tanto
eccessive da figurarsi immediatamente,
agli occhi dello spettatore più
svogliato, quali lusinghe concepite
al solo fine di ingannare la donna innamorata,
conduce tale impresa con ostinata sfacciataggine,
adeguando parole e maniere alla vittima
in questione. E se la preda non dovesse
abboccare subito all’amo, la battaglia
persa non scalfisce affatto la sicurezza
dell’uomo, intenzionato a non
arrendersi di fronte alle probabili
resistenze, che possano disturbare il
suo lavo- |
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ro. Perché di lavoro si
tratta. Verdoux ha una moglie
deliziosa, una figlio adorabile,
a cui intende dare una vita più
che dignitosa. È forse
colpa sua se è a causa
della crisi economica, ha dovuto
inventarsi un altro impiego? No
davvero. Farebbe volentieri a
meno di viaggiare senza sosta
da una città all’altra
del paese, da una casa all’altra
della nazione, simulando, di volta
in volta, infinita dedizione alla
consorte del luogo. Ma non può
agire diversamente. |
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Da questa presa di consapevolezza circa
l’inevitabilità delle proprie
azioni, Verdoux accoglie il nuovo lavoro,
senza porsi dubbi sulla liceità
della forma, attraverso cui è
necessario espletare la funzione. Assolve
la propria coscienza sulla base del
raggiungimento del benessere familiare,
piegandosi alla patita sopravvivenza
nella società: “Gli affari
sono, in sé stessi, spietati”.
Società ipocrita, che giustifica
la guerra, condannando duramente il
singolo omicidio: “Non rende il
delitto” “No, non al dettaglio”,
risponde amaramente Verdoux. Chaplin,
smessi i panni larghi e informi dell’augusto
Charlot, indossa le vesti del clown
bianco, dotato di grazia, acume, ambizione
e supponenza, certo delle proprie capacità
come della pochezza di spirito di chi
lo circonda, preda designata, nel momento
stesso in cui gli occhi di Verdoux posano
lo sguardo su di lei. Il personaggio
di Charlie Chaplin ha perduto la cialtronesca
simpatia che rendeva indulgenti verso
la sua povertà, economica, e
metaforica, per far posto a un individuo
ammirabile per intelletto e carattere,
ma altrettanto deplorevole e condannabile,
ancor più perché borghese,
troppo simile per ruolo al pubblico
in sala, costretto a confrontarsi con
una scheggia impazzita, esplosa dall’interno
del sistema, non più così
perfetto come poteva sembrare. Non il
forestiero, lo sconosciuto è
il nemico, bensì l’abitante
stesso della casa, al quale risulta
inaccettabile adeguare la propria esistenza..(continua) |
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