del primo dialogo ed è un tema che ricorre per tutto il film: non a caso, Allen/Davis si licenzia dall’inappagante lavoro di sceneggiatore per la TV perché vuole finire di scrivere un libro che sente davvero suo. Il bianco e nero di Gordon Willis è intenso e misterioso, perfetto per rappresentare Manhattan, voluto da Allen anche contro

 
 
  lo scetticismo dei produttori. Favolosamente ispirato il cast, con la Hemingway che ispira purezza e voglia d’amare ad ogni sguardo. Finito di girare – in widescreen Panavision – nel 1979 e con l’intento dichiarato di lasciare un ricordo indelebile della Manhattan di quegli anni, il film, peraltro ispirato dalle musiche di Gershwin, supera le aspettative del suo regista, perché luci, suoni, ombre e vibrazioni della “città che non dorme mai” sono ancora lì, divise
 
 
tra l’amore e la ragione, tra una passione e un dovere, tra un’avventura e un rimpianto. Sarà una coincidenza, ma le “Twin Towers” non vengono mai inquadrate: Manhattan è ancora attuale. "Manhattan" è ancora il capolavoro di Woody Allen.


Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.
(di Dario Bevilacqua )


 
 
- Riepilogo
 
 




 

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