senza tregua, che lascia sempre in sospeso lo spettatore; un capolavoro perché le ambientazioni descrivono non gli spiazzi di una metropoli frenetica e indifferente, tra grattacieli e infinite luminarie, ma gli ambienti chiusi di stanze soffocanti e i vicoli umidi di quartieri bagnati dalla pioggia e illuminati da lampioni spioventi; un capolavoro perché si cerca disperatamente il sogno di una storia d'amore che nei suoi misteri, nelle sue reticenze e nei suoi rimpianti resta alla fine inesaudito. Il film è bello, affascinante, discreto e coinvolgente. E non è un paradosso, questo. E il finale è ancora più suggestivo, poetico. Un uomo, da solo, si aggira tra le rovine del vecchio edificio buddhista di Angkor Wat, là solo dove lo scorrere del tempo ha lasciato inesorabilmente le sue tracce sul resto delle testimonianze umane. Tra i corridoi di questo tempio, un uomo cammina e rivela la sua vicenda a una fessura di quelle mura millenarie, per far sì che il suo segreto venga custodito eternamente. Senza che nessun altro venga mai a conoscerlo. Dall'alto di una terrazza, un giovane monaco lo osserva, in rispettoso silenzio. Poi l'uomo se ne va, perché il suo segreto è ora al sicuro. Per sempre. Come lo è stato nel suo cuore
IERI e come lo sarà
OGGI E DOMANI per il resto dei giorni.
(di Michele Canalini )