esplosione. Ciò avviene per l'uso del piano-sequenza con cui Welles costringe lo spettatore ad attendere clamorosamente il momento della strage. Riguardo a Quinlan, non è solo una variazione di altri illustri personaggi di Welles, ma un vero e proprio prototipo Shakespeariano (ha diversi punti in comune con Falstaff e Machbeth, per esempio). Il suo proverbiale razzismo nasce forse da esperienze personali (la moglie assassinata misteriosamente... forse da un messicano?), la sua apparente ambiguità in realtà amplifica quasi certamente l'ambiguità delle persone

 
 
che lavorano accanto a lui: egli non solo è ammirato per il suo cinismo e "l'amore per la giustizia" (una giustizia tutta sua, è chiaro) ma riesce imprevedibilmente a smascherare le debolezze altrui ("Chi è che comanda? La legge o il poliziotto?"). O meglio, sarebbe capace di farlo se non arrivasse ad ogni mezzo pur di spodestare i suoi cosiddetti "nemici". Vargas è, effettivamente, un "democratico simpatico ma imbecille", capace di lasciare la moglie sola in un motel per giorni, e di difendere per partito preso (o rivendicazione razziale) i cittadini messicani. E allo stesso livello è un malavitoso di mezza tacca come Grandi, convinto di poter sfruttare la crudeltà di Quinlan per i propri scopi senza occuparsi delle conseguenze. Il fideistico e fastidioso attaccamento per Quinlan del suo altrettanto abbietto aiutante, Menzies (Joseph Calleia) non è altro che lo specchio deformante attraverso cui il "geniale e crudele" Quinlan vede la mediocrità dei suoi presunti adulatori e detrattori all'unisono. La sequenza del motel, dove la giovane Susan viene dapprima avvicinata da un giovane dalla salute mentale disturbata, gestore dell'hotel (di proprietà dello stesso De Grandi) ha indubbiamente influenzato Hitchcock per la scelta dell'attrice e l'ambientazione di Psycho, tre anni dopo, e non a caso il motel anche qui è gestito da un Norman Bates sicuramente più innoquo ma altrettanto recidivo mentalmente. La recitazione è volutamente sopra le righe, a volte maschera una certa "sudditanza" nei confronti del metodo Wellesiano, a partire da Heston che, truccato da messicano fino alla pantonima (il volto sembra aver avuto una sorta di saturazione dai raggi solari) sembra continuamente guardare davanti alla macchina da presa. A seguire gli indimenticabili comprimari, a cominciare dal personaggio della chiromante Tanya (Marlene Dietrich) che, nonostante i suoi 56 anni, reinterpreta e quasi parodia le giovani icone del noir degli anni Quaranta. Per l'intreccio del film, il personaggio di Tanya è rilevante più di quanto si creda: amica di Quinlan, è l'unica in grado di sedare la sua rabbia oppure, semplicemente, è l'unica vera "amica" che ha, visto che anche i suoi fedeli servitori non mostrano certo di amarlo, ma di ammirarlo e, a volte, di temerlo. Nel finale, Quinlan finisce vittima dello stesso raggiro tramato ai danni di Vargas e della moglie: praticamente costretto ad ammettere, per la prima volta, nella vita come nella morte, la sua fallibilità. Le dice lei durante l'ultima visita "quello che avevi l'hai buttato via. Torna a casa, capitano!". Il capolavoro di Welles sfiora vari generi senza un confine prestabilito, e alla fine diventa essenzialmente un noir senza per questo apparire un mero riciclaggio dei torbidi classici di dieci anni prima. E'l'inizio, o la fine di qualcosa. Le
 
 
vecchie storie non contano più, Quinlan se n'è andato per sempre. "Non è più tempo di poliziotti" direbbe qualcuno, imminente l'arrivo dei Norman Bates di turno. E non è il caso di soffermarsi sull'amarezza degli antieroi, sconfitti dalla nuova era. Un capolavoro,



Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.
(di Luca D'Antiga )


 
 
- Riepilogo
 
     

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