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delineati, paura e diffidenza per tutto ciò che se ne discosta). Il diverso è l'alieno. Il direttore di banca, rivolgendosi ad Edward: "Niente risparmi, nessuna assicurazione, nessuna garanzia, nessun
investimento. Lei potrebbe anche non esistere". Chi non si uniforma non viene riconosciuto nemmeno
come individuo, azzerandone
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in tal modo, le peculiarità caratteriali, e i diritti sociali e politici. La scelta spaziale coincide con la volontà di delineare, nell'immediato, visivamente, lo stato di cose. L'elemento che salta agli occhi è l'utilizzo delle tonalità pastello delle case ("verde schiuma di mare, color carne, burro, azzurrino"), delle auto che escono dai viali, i vestiti dei personaggi: dai più tenui colori alle possibili varianti di cromatismi accesi, soprattutto nella vicina |
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ninfomane Joyce, e alla tendenza nel finale di un abbigliamento prevalentemente rosso e verde intenso. Questo risponde alla precisa esigenza dello scenografo, Welch, di trasmettere, proprio attraverso, l'eterogeneità di colori, uniformità ad ambienti, oggetti, persone. Il tentativo goffo di determinare una personalizzazione, di infondere l'idea di una diversità, almeno apparente, fallisce nel risultato di varietà ripetute, di gradazioni differenti, ma non troppo, in quanto riproposte regolarmente ogni 3/4 case, auto, abitanti, per di più contestualizzati all'interno di rigide linee guida, di sentieri già predisposti (vie, viottoli, geometrie). Secondo una concezione di spazio funzionale alla storia, l'insolita decadenza del giardino, l'aspetto oscuro e insolito del castello, costituiscono, in contrasto con l'imperante contesto pastello, l'unica nota di individualità. Edward è una favola. Ha l'atmosfera misteriosa nei titoli di testa, frammenti di strumenti, macchinari, uomini meccanici, forme particolari, stelle, cuore, cane. che saranno comprese solo alla fine del film. Il racconto prende inizio nella camera di una bambina, sdraiata in un letto troppo grande, all'interno di un ambiente volutamente non proporzionato alle figure umane. La vecchia comincia a narrare la storia di Edward, ed è come sfogliare un libro, leggere le prime righe, e vedere le pagine trasformarsi in immagini. Burton veste i panni dell'affabulatore, del racconta storie, e lo fa magnificamente, dando vita a una fiaba densa di mistero e poesia. Ma Edward mani di forbice è anche, e soprattutto, una storia d'amore. Kim è l'unica ad amare Edward, a non voler tentare di cambiarlo, apprezzandone le qualità. La sequenza più emozionante della pellicola, la danza della giovane sotto la pioggia di ghiaccio, nata dalle "mani" del protagonista, è l'apice dell'amore tra i due, più dell'abbraccio struggente che Kim chiede al ragazzo ("stringimi").lui che non può toccare senza distruggere. e più del primo, e ultimo, "ti amo". La danza sotto l'angelo è il culmine dell'amore: non sono mai stati, né lo saranno mai, così vicini. Edward e Kim, due anime innamorate, divise da pochi metri. separati, ma mai del tutto abbandonati, entrambi consapevoli dell'amore che li lega. Danny Elfman, collaboratore storico di Burton, accompagna con la musica il corso degli eventi: rende udibile l'emozione, l'avvenimento, il trasporto, il turbamento di ogni scena. Funge da metronomo delle immagini: tocchi lievi si alternano a improvvisi tonfi tonali; le ampie note delle sequenze d'amore lasciano il campo a intermezzi frammentati e discontinui. Tim Burton riesce a far convivere, in un equilibrio perfetto, romanticismo e comicità, tristezza e umorismo, poesia e morte, tenendoli stretti in un film che è un turbinio di emozioni, una girandola di impressioni sospese sullo schermo, un capolavoro di eterna memoria.
Lo era IERI,
lo è OGGI
e lo sarà
DOMANI.
(di Francesca
Lenzi)
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Riepilogo |
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