|
|
|
|
|
|
EDWARD MANI DI FORBICE |
|
|
Scopo di
questa rubrica è analizzare i
grandi CAPOLAVORI del
'900 e quindi di IERI. Contestualizzarli
ad OGGI per capire se la prova del TEMPO
li ha resi ETERNI o superati. Verranno
presi in esame solo opere che all'epoca
venivano considerati CAPOLAVORI
per capire, analizzando il contenuto
e la forma, gli aspetti che li hanno
resi tali da essere, circoscritti al
loro TEMPO per ovvi motivi sociali o,
ETERNI anche OGGI e DOMANI. |
|
|
Tim Burton rifiuta la richiesta della Warner di girare il seguito di Batman o di Beetlejiuce. Ha un'idea, un'immagine, più che un racconto già definito: un ragazzo con forbici al posto delle mani; era attratto dal tema di una persona che non può toccare niente senza provocarne la rottura o comunque il ferimento. La Warner rifiuta il progetto, non senza la
|
|
|
|
soddisfazione del regista che, sentitosi costretto con la stessa casa di produzione dei film precedenti, è lieto di potersene
svincolare. La Twentieth Century Fox accetta l'accordo, lasciando a Burton, e alla co-sceneggiatrice, Caroline Thompson (scrittrice di libri per bambini), la più totale libertà di movimento e scelta, di contenuto e mezzi. Così nasce Edward. Ma chi è Edward? Un giovane, apparentemente normale, se non fosse per il pallore pronunciato, il volto pieno di graffi, un abito
alquanto strano, ma soprattutto delle forbici come mani. Scoperto da Peg, viene condotto via, lontano dal proprio spazio familiare; è un insieme di emozioni per il nuovo mondo: sorpresa,
curiosità, gioia, paura, incomprensione. non diversamente dagli abitanti della periferia, che ricevono l'arrivo dell'ospite con l'euforia sovraeccitata della comunità che vede l'intrusione di un
elemento estraneo quale circostanza degna di essere vissuta come il più spettacolare degli eventi. La |
|
|
|
sua natura viene affrontata attraverso due differenti azioni: da una parte, appunto, il divertito e vagamente sadico accoglimento delle sue strane capacità; dall'altro, soprattutto nella figura di Peg, viene considerato oggetto sul quale applicare un processo di "normalizzazione", inevitabilmente
fallimentare nel momento in cui l'entusiasmo iniziale per la novità, andrà volgendosi in incomprensioni e incidenti, originate dalla natura dissimile |
|
|
|
|
|
|
del protagonista. Edward è il "diverso", è l'intruso dei giochi enigmistici, l'elemento di disturbo nella consueta quotidianità della comunità, e per questo, dopo la curiosità, qualora le sue diversità provochino situazioni non di pericolo, ma anche solo di turbamento, fa paura, fa venire allo scoperto la bugiarda idea che sia membro a tutti gli effetti della cittadinanza, rivela la natura egoista e intollerante delle persone. Periferia come
metafora dell'uomo, Edward come simbolo della diversità; discordanza sinonimo di interesse, fascino, divertimento, mai di appartenenza. La sequenza del talk show è illuminante. "Se avesse le mani sarebbe normale", "Se fosse stato come gli altri, nessuno avrebbe pensato che Lei è speciale": la dissomiglianza innalza a una posizione di visibilità ma, negativamente, mette nella condizione di minoranza, rischiando di portare all'intolleranza e all'incomunicabilità, sino alla conseguente solitudine. Edward, come alter ego di Tim Burton, capisce come la strada più semplice sia
l'indirizzo segnato dalla società, eppure, riconoscendo nella propria natura l'impossibilità ad adeguarsi e, magari, a confondersi nella mediocrità della massa, infine se ne allontana. Il regista trasferisce le proprie insicurezze sullo schermo, offrendoci l'opportunità di riconoscere noi stessi in
Edward o, all'opposto, nella collettività, che non condanna inesorabilmente, rispettandone pregi (serenità, attinenza), e comprendendone i limiti (faziosità, necessità di affidarsi a parametri ben..(continua) |
|
|
|
|
|
|
|
Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2008.
Tutti i diritti sono riservati.
|
|
|