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LA
BATTAGLIA DI ALGERI |
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Scopo di
questa rubrica è analizzare i
grandi CAPOLAVORI del
'900 e quindi di IERI. Contestualizzarli
ad OGGI per capire se la prova del TEMPO
li ha resi ETERNI o superati. Verranno
presi in esame solo opere che all'epoca
venivano considerati CAPOLAVORI
per capire, analizzando il contenuto
e la forma, gli aspetti che li hanno
resi tali da essere, circoscritti al
loro TEMPO per ovvi motivi sociali o,
ETERNI anche OGGI e DOMANI. |
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Quanto
dolore, quanta forza, quanta violenza,
ma anche quanta capacità
di amare, sono necessari per nascere…..
La prima, immediata, lettura che
si ricava da "La battaglia
di Algeri" è quella
di un film storico-politico. Nel
senso che da un lato esso rappresenta
il processo attraverso il quale
storicamente l’Algeria ha
combattuto e vinto la lotta
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per la sua liberazione dal colonialismo
francese. E dall’altro porta avanti
la tesi tutta politica della necessità
– per quanto dolorosa per entrambe
le parti in conflitto - della lotta
anche violenta ed armata, in certe situazioni
storiche, per affermare il diritto all’indipendenza
delle nazioni e alla libertà
dei popoli del Terzo Mondo. La trama,
come intuibile, narra attraverso un
lungo flash back, le vicende della campagna
di liberazione dell'Algeria condotta
dal Fronte di Liberazione Nazionale
(che finanzierà la realizzazione
dello stesso film) durante gli anni
1954-1960. Le prevaricazioni del colonialismo
francese e il lungo e doloroso percorso
che condurrà nel '62 all'indipendenza
del popolo algerino, sono riviste attraverso
le sorti e il ruolo che alcuni giovani
dirigenti svolgono in questa "guerra",
divisi fra kasbah e città, ideali
e sopravvivenza, attività politica
e guerriglia urbana. Gillo Pontecorvo
è un regista di grande esperienza,
che ha forse pagato il suo impegno sociale
(dire politi- |
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co è limitativo) restando
in molti casi al confine dell'olimpo
dei registi italiani acclamati
nel mondo. Pochi i suoi film.
Ma forse basterebbe ricordare
alcuni suoi maestri come Monicelli
o Steno oppure alcuni suoi attori
come Marlon Brando (Queimada,
1969) e Gian Maria Volontè
(Ogro, 1980) per comprendere sia
lo spessore tecnico di questo
autore sia la grandezza di questo
film, che traccia un segno indelebile
nella storia del cinema. |
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Pontecorvo ci mette sei anni per portare
a termine la battaglia di Algeri, film
che ovviamente i francesi hanno fatto
oggetto di ostracismo e che è
uscito a Parigi con molti anni di ritardo.
Racconta infatti con un ritmo di montaggio
da manuale (e da cardiopalma), lo scontro
(1957) tra i paras francesi e l'esercito
di liberazione nazionale algerino nella
Casbah, epicentro un attentato terroristico
con bomba. Il film va alla radice dello
stile documentario, usa attori non professionisti,
vive nella causa militante della denuncia
di un sopruso storico, ma cerca di spiegare
anche le ragioni dei francesi occupanti.
Gillo non si illude che il cinema possa
risolvere, ma fa da eco. E l'eco è
grande, i premi sono molti (due nomination
agli Oscar, film e script di Solinas),
il ritmo batte con emozione nei cuori
delle platee del mondo, diventa un termine
di riferimento. Pontecorvo rinuncia
ad un protagonista con cui lo spettatore
possa identificarsi e privilegia per
oltre metà della pellicola scene
collettive girate con attori non professionisti
con cui rappresenta l'impatto della
guerra sui singoli, francesi e algerini,
coinvolti. Pur al centro della narrazione
la figura di La Pointe ha sempre un
ruolo marginale, un pò più
caratterizzata è la figura del
"Generale Mathieu" modellata,
anche fisicamente, sul comandante dei
paracadutisti francesi Jacques Massu
(il nome venne cambiato per evitare...(continua) |
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