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di rieducazione
sociale; Alex rappresenta la
sconfitta della punizione, la
falla di un’autorità
fittizia, futuristica ma allusiva,
fiduciosa di un procedimento
lesivo la stima nei confronti
delle capacità discernitive
dell’uomo, fallace alle
basi stesse su cui poggia. Al
di là delle considerazioni
distintive circa l’intento
morale promosso dal racconto,
Arancia Meccanica ritrae uno
di quei film per cui l’aggettivo
“artistico” pare
non essere sprecato o utilizzato
a sproposito. Dovremmo discorrere
della regia |
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completa
di Kubrick per capacitarci
di una perfezione stilistica
comune alla sua intera filmografia;
non avendone spazio, e non
ritenendo opportuna una
tale decisione, ci limitiamo
brevemente a suggerire sprazzi
di maestria visiva, difficilmente
comparabili. Ciò
che salta immediatamente
all’occhio, anche
del più inesperto
spettatore, è l’inconfondibile
simmetria spaziale che caratterizza
il film. Ogni elemento assume
un peso |
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specifico
esatto nel contesto che occupa,
suscitando un sorprendente ordine
di equilibrio formale, a volte
antitetico la circostanza proposta.
I colori ardenti, eccessivi,
in accordo al bianco asettico,
che struttura e stabilisce l’assestamento
in profondità, organizzano
il quadro cromatico, definito
da impronte tonali di respiro
innaturale, quasi allegorico
(“È buffo come
i colori del vero mondo diventano
veramente veri soltanto quando
uno li vede sullo schermo”).
L’impianto scenico allestito
da Kubrick, evidente magnificamente
nella sequenza iniziale di “presentazione”,
ricorda sensibilmente i dipinti
di Hogarth, nei quali i personaggi
sembrano abbandonarsi pesantemente
agli arredi, finemente dosati;
un’anticipazione avveniristica
del ben più classico,
e rassomigliante all’originale,
Barry Lyndon. Le inquadrature,
ingegnosamente costruite, assecondano
abilmente gli stati d’animo,
sottolineati con modalità
artefatte, tendenti ad una realtà
sintetica e artificiale, sintomo
di un cinema rigoroso e intuitivo,
esigente e intenso, indimenticabile
nel tempo.
Lo era IERI,
lo è OGGI
e lo sarà
DOMANI.
(di Francesca
Lenzi)
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Riepilogo |
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