La recensione del film World War Z

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WORLD WAR Z - RECENSIONE

World War Z recensione
Recensione

di Elisa Lorenzini
[World War Z recensione] - Prendi Brad Pitt, una ciurma di mostri e il meglio della cine-tecnologia made in Holywood e il successo è assicurato. Che piaccia o meno il genere, che si gradisca o si rifiuti l'impostazione ipercinetica, concitata e cerebrale del regista Marc Forster, World War Z rientra ipso facto nella casistica dei blockbuster nati con la camicia. Tanti, troppi, gli elementi di risonanza: un interessante romanzo di partenza ("World War Z: An Oral History of the Zombie War", di Max Brooks); una star planetaria, che ha declinato il modello dell'eroe di celluloide in tutte le sue varianti e veste qui i panni, più che mai autobiografici, di padre di famiglia prestato alla ribalta internazionale; uno sciame di morti viventi, che guizzano sullo schermo a velocità supersonica, dando vita a scene di isteria massificata che omaggiano la migliore tradizione dell'action movie ansiogeno a stelle e strisce. L'occhio del regista coincide con quello di Gerry Lane, ex impiegato delle Nazioni Unite costretto dal repentino diffondersi di un virus metamorfico a vestire panni da eroe nazionale. Lane, al seguito di uno scienziato che la macchina registica pensa bene di eliminare in fretta, per lustrare il podio assoluto del fascinoso protagonista, parte alla ricerca dell'epicentro del contagio, con l'intento di isolare il virus e approntare un vaccino. Il plot, stabilite le premesse, sguscia da una fase all'altra con l'agilità di un robot debitamente istruito: una creatura della più valida scuola di genere al mondo, che conosce bene i giochi sadici dell'attesa e della paura dilazionata, l'alternanza di stasi e violenza, i colori e i suoni della guerriglia subumana. Ma la vera punta di diamante del film di Forster, che per il resto si configura come un buon thriller al sangue, adrenalinico e terrorizzante q.b., è Brad Pitt. Lontano dallo stereotipo strapazzato del belloccio romantico che lo ha reso famoso, il cinquantenne più patinato d'America si reinventa nel ruolo sobrio e pulito di un padre schierato a difesa della propria famiglia: una parte che, calata nel mood elettrico di un action movie ad alta tensione, risulta tra le più equilibrate del repertorio di Pitt, perchè sposa la medietà rassicurante di un uomo di strada al dramma tachicardico di una pandemia raccontata con l'enfasi di Hollywood. Una combinazione di vicinanza e gigantismo che coinvolge lo spettatore, accostandolo al protagonista, e allo stesso tempo lo stordisce con le meraviglie pirotecniche che solo nei teatri di posa di Los Angeles hanno questa potenza d'urto. Senza ambire al gotha dei grandi film, ma con l'onesta pretesa di aggiungere il suo al carnaio di horror/thriller apocalittici sfornati dalle ossessioni dei registi contemporanei, World War Z guadagna la sua discreta posizione e lì sta. Da una valanga di zombie a una di soldi, il passo è breve. (La recensione del film "World War Z" è di Elisa Lorenzini)
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