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Wonder Woman recensione] - Su un' isola nascosta al mondo si narra di una mitica terra abitata solo da strafighe: Connie Nielsen, Robin Wright, Gal Gadot (in realtà è Anna Tatangelo). Sono le Amazzoni, esiliate lì da Zeus nella notte dei tempi per proteggerle da Ares, e pur non sapendo quantificare con precisione la notte dei tempi c'è da dire che portano bene i loro anni. In questo paradiso terrestre, senza uomini in giro, le amazzoni passano i millenni allenandosi a fare capriole, a tirare con l'arco, a roteare la spada. 5mila anni e avere il fisico di Robin Wright, del resto, non potrà essere solo la dieta mediterranea! Per difendersi da chi? Da Ares. Certo che dopo qualche era geologica di pace assoluta ci si poteva anche rilassare un po' e costruire almeno un cinema. Invece no, solo daghe, durlindane e alabarde, H24, 7 giorni su 7. Fino a che non arriva Chris Pine che, a bordo del suo aeroplano, supera la coltre a protezione dell'isola e precipita in mare. Qui impariamo due cose: che Chris Pine è un uomo molto fortunato perchè trovatelo voi un posto migliore dove precipitare e che per superare la barriera che nasconde l'isola da migliaia di anni è sufficiente attraversarla. Ma come, migliaia di anni e nessuno è mai passato di lì? Eh, si vede che non è sulle rotte dei tour operator. Accolto e soccorso, Chris racconta loro di una fantomatica guerra nel mondo degli uomini (un mash-up tra le due guerre mondiali) a cui deve tornare e Anna, che è cresciuta con una visione delle cose un po' distorta, si convince che la causa sia Ares e decide di andare con lui. Giunta al fronte, la nostra Anna sbaraglierà l'esercito tedesco a mani nude, parando i proiettili coi polsini, facendosi largo a colpi di scudo e spadate, abbattendo torri con un balzo, prendendo i nemici al lazo. Ora, capirete anche voi che da queste premesse o si ricorre a dosi massicce di ironia oppure il baratro diventa la più rosea delle aspettative e nel film, diretto, in ottica di assoluto girl-power, dalla quasi esordiente Patty Jenkins, di ironia non vi è traccia nemmeno nei siparietti che dovrebbero essere comici (vedi l'arrivo della nostra a Londra). Non aiuta neppure l'ambientazione storico-bellica che, come Capitan America o, ancor prima, The Rocketeer insegnano, dovrebbe essere bandita da qualsiasi universo fantasy/supereroico. Eppure c'è un momento in Wonder Woman in cui la situazione cambia. Un momento spartiacque a circa metà film in cui con un colpo di reni, il film si risolleva e prenda quota. Avviene quando la nostra eroina esce dalla trincea e per la prima volta sfida apertamente, nella no man's land, il nemico. In quel preciso momento, quando già si pensa che la pellicola stia per naufragare in maniera definitiva, è come se tutte le idiozie fin lì accumulate trovassero un senso, d'improvviso, come d'incanto, anche noi capiamo, anche noi diventiamo partecipi del disegno che guida Wonder Woman e come d'incanto le crediamo e sull'onda dell'entusiasmo ci gettiamo anche noi alla carica insieme a Chris Pine e compagni, ormai persuasi che la vittoria sia possibile, lungo una cavalcata trionfale tutta in discesa, fino alla fine, pronti a tutto! E già attendiamo con ansia la Justice League of America... No, non è vero. Solo un eccesso di euforia, ingiustificato.
(La recensione del film "
Wonder Woman" è di
Mirko Nottoli)
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