La recensione del film Wolverine L'immortale

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WOLVERINE L'IMMORTALE - RECENSIONE

Wolverine L'immortale recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[Wolverine L'immortale recensione] - Secondo capitolo dello spin-off tratto dalla saga degli X-men dedicato a Wolverine, se Wolverine-le origini si poneva al principio dell'intera vicenda, Wolverine l'immortale compie un balzo in avanti a piè pari andandosi a posizionare cronologicamente dopo Conflitto finale. Se però la fine di Conflitto finale ci restituiva un Wolverine apparentemente riappacificato con se stesso, persuaso a guidare la scuola che fu del Prof. Xavier, cosa ci fa ora sulle montagne, in fuga tra i boschi, paladino degli orsi e degli offesi, perseguitato dagli incubi sull'amata Jane Grey? Alla sesta volta di Logan (se contiamo anche la fugace apparizione in X-men le origini) va rilevato come più notizie e informazioni riceviamo su di lui, più si smarrisce quell'alone di mistero e indecifrabilità che gli è proprio e che ne ha fatto il personaggio più amato tra la schiera mutante. Anche perché va altresì rilevato come ogni tentativo di restituire l' inquietudine che lo tormenta e che si tramuta in rabbia belluina naufraga di fronte all'astruseria delle trame che gli sceneggiatori via via gli cuciono addosso, sovente condite da un ciarpame puerile che, oltre ad essere puerile, non aggiunge una virgola alla sua psicologia che, stando così ai fatti, appare già compiutamente formata nel primo fotogramma del primo film in cui l'abbiamo visto per la prima volta. In Wolverine l'immortale, apprendiamo che l'eroe di adamantio, tra le varie peripezie, si trovava a Nagasaki proprio nel momento in cui il B-29 americano sganciava l'infame bomba e lì salvava un soldato giapponese che adesso, sul letto di morte, desidera sdebitarsi con lui offrendogli in dono, udite! udite!, nientemeno che la mortalità! (ma un regalo più bello, no?!?). In questa trasferta orientale punteggiata da tutti i cliché del caso, l' incostante James Mangold non ci fa mancare la giapponesina emo con anfibi e parigine dalla katana affilatissima, uno scontro improbabile sul tetto di un treno ad alta velocità dove il digitale rende tutto fittizio, un check up completo con auto asportazione chirurgica compiuta dal nostro mentre due samurai si stanno affrontando a suon di spade con esiti che non sarebbero dispiaciuti ad Andrè Breton, l'immancabile esercito di ninja letali per culminare con l'apparizione di un gigantesco samurai robotico fatto anch'esso di adamantio sulla cui logica è meglio soprassedere. Apprezzabile la strizzatina d'occhio conclusiva a Jena Plissken: mi chiamo Wolverine. (La recensione del film "Wolverine L'immortale" è di Mirko Nottoli)
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