La recensione del film Vulcano

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VULCANO - RECENSIONE

Vulcano recensione
Recensione

di R. Baldassarre
[Vulcano recensione] - A tutt'oggi, sparse in remote zone del mondo, (soprav)vivono sacche etniche che sono profondamente radicate ad antichissime tradizioni. Sparuti popoli che rifiutano – ma spesse volte non vengono messi in condizione da gruppi più forti – di integrarsi al reale presente contemporaneo. Tra le varie "tribù" superstite c'è anche quella dei Maya Kaqchikel, che seguono la tradizione dell'arcaica civiltà pre-colombiana e vivono e lottano nei selvaggi e aspri altipiani del Guatemala. È una tribù che ancora si disciplina con il sacro testo Popul Vuh, e conserva tenacemente la sua lingua identitaria. I Maya Kaqchikel vivono – come schiavi – lavorando i terreni dei ricchi ladinos, gruppo etnico che ha ugualmente origini maya ma che ha preferito progredire prendendo le distanze dalle propri radici, anche attraverso l'apprendimento e l'utilizzo della lingua spagnola. Tutto ciò è, in sostanza, una dura e inumana colonizzazione interna, attuata da una popolazione affine, nei confronti di questa tribù indifesa politicamente e socialmente, utile solo come "bestia da soma". Questa indifesa ma combattiva tribù, e i riti e i problemi che vi gravitano intorno, sono al centro della pellicola Vulcano, lungometraggio di esordio del giovane regista guatemalteco Jayro Bustamante, che ha vinto l'Orso d'Argento al 65º Festival di Berlino. Un assaggio di questa brutale realtà guatemalteca ci era già stata raccontata, dettagliatamente e con passione, dal Premio Nobel Rigorberta Menchù, che nel 1982 espose a Elisabeth Burgos la sua vita e quella del suo popolo oppresso. Tutto questo fluviale e caldo reportage verbale venne raccolto nel libro Mi chiamo Rigoberta Menchù. Gli anni descritti dal Premio Nobel erano molto più cupi e brutali – nel paese c'era una funesta dittatura – ma anche quello che racconta/mostra Bustamante è analogamente violento. Vulcano poteva benissimo intitolarsi Mi chiamo Maria, e per mezzo del triste e tortuoso cammino della protagonista Maria, ragazza maya odierna nata e cresciuta in un solco antico, descrivere la società del Guatemala. Vulcano unisce la finzione al documentario, dove la drammaturgia "guidata" è precipitata nel reportage etnografico. La drammatica storia personale della giovane Maria serve proprio come veicolo per raccontare il tragico presente di un popolo che è rimasto fedele alle "pacifiche" e naturalistiche origini, ma che è alla mercé dei ladinos. E la scelta di porre al centro della storia una giovane figura femminile rimarca maggiormente il primitivo stato umano del Guatemala. Jayro Bustamante, anche autore della sceneggiatura, prosciuga la storia di picchi emotivi ma senza perdere l'intensità dell'assunto e, per lambire lo stile documentaristico, opta per una regia osservatrice, in cui le inquadrature servono a raccogliere e documentare usi e costumi dei Maya Kaqchikel. Per creare questo reportage intimistico, Bustamante filma i personaggi "assimilati" con la selvaggina natura, oppure concentrandosi su particolari rituali o sui volti/corpi, soprattutto quello di Maria e della madre Juana. La regia eccede solo nelle brevi scene in città, in cui la finzione e il climax emozionale divengono posticci, come ad esempio la scena commissariato. La fuga desiderata da Maria, con il suo "amante" Pepe, non è vera emancipazione femminile, ma semplice evasione da un mondo regolato da turgide leggi patriarcali e dettami divini; oltre che semplice fuga mossa dal passionale amore. Vulcano è un racconto circolare, in cui il destino di Maria è già segnato dalla seconda inquadratura, quando la madre cinge la sua testa con il nastro colorato tipico dei costumi Maya. Il vulcano, che da il titolo alla pellicola, è la venerata arcaica "divinità" che bisogna onorare e rispettare, ma è anche la (in)quieta massa geografica che nasconde il confine, inteso come presente/futuro. Ingombrante "personaggio", come tutta la natura che circonda e fagocita i personaggi, che regola le vite del popolo Maya e di Maria. (La recensione del film "Vulcano" è di Roberto Baldassarre)
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